“Chi si laurea in Lingue ha di per sé natura anfibia”

Un gran numero di studenti nella mattinata di venerdì 22 settembre affolla l’Aula T1 di Palazzo del Mediterraneo in occasione del convegno sulle nuove tecnologie per la traduzione. “Un tema allettante questo per i giovani traduttori, che coniuga due ambiti oggi sempre più interconnessi: l’informatica al
servizio delle lingue”, esordisce la Rettrice Elda Morlicchio. Se l’immagine di un traduttore recluso in una torre d’avorio tra libri e dizionari è stata spazzata via dall’era globale, è pur vero che la tecnologia in costante evoluzione ha modificato radicalmente le procedure professionali e l’uso di certi strumenti di
supporto. Chi oggi non conosce Google Translate? Siccome il progetto di una traduzione interamente automatica è ancora una chimera sfuggente, intervengono in soccorso dell’utente altre risorse e applicazioni software. Da ciò deriva un urgente bisogno di orientamento e formazione nel campo digitale e multimediale: “Bisogna stare al passo coi tempi: gli strumenti per la traduzione assistita sono ormai un must, ma funzionano solo in sinergia con l’intelligenza umana, dunque indispensabile è una competenza linguistica avanzata”. Gioca un ruolo di fondamentale importanza nell’apprendimento della lingua seconda la formazione maturata durante gli anni scolastici. “Aver già preso confidenza con una o due lingue ancora prima di approdare all’Università costituisce un significativo vantaggio nel proprio percorso di studi”. Una strada da non sottovalutare affatto in un’Europa allargata e multilingue. “Imparare una lingua consente di acquisire un’elevata capacità di problem solving. Cos’è mai la traduzione, in fondo, se non risolvere
problemi?”. ‘Problem solving’ e ‘decision making’ sono le due fasi di cui si compone la pratica traduttiva nei vari contesti d’applicazione. Di qui si va dritti al quesito centrale: cosa si può fare con una laurea in Lingue? “Tutto, e dappertutto. Studiare le lingue straniere aiuta a porre le basi per affrontare qualsiasi mestiere in cui sia necessario mediare la comunicazione”. Nessuna possibilità è esclusa a priori in virtù di conoscenze spendibili in modo versatile. Diversamente, “per un laureato in Ingegneria o Architettura non ci sono alternative. Chi si laurea in Lingue ha invece di per sé natura anfibia, il che gli permette di accedere a molteplici settori”, al di là dell’interpretariato: turismo e marketing, editoria e giornalismo, ricerca e didattica, comunicazione e cooperazione internazionale, e così via. Collaborare con le Istituzioni. “Cercare nuove collocazioni professionali per i nostri studenti è in cima alla lista degli obiettivi a breve termine fissati dall’Ateneo”, riprende la prof.ssa Morlicchio. Su quest’ultimo punto, “l’unica strategia vincente è quella di creare una politica organica e fare squadra con le Istituzioni”, conclude la Rettrice cedendo la parola a Serena Angioli, Assessore ai Fondi Europei e alle Politiche Giovanili
della Regione Campania. In un mondo ideale, “il compito supremo di un Ateneo è formare e sfornare professionisti con abilità trasversali, capaci di inserirsi in modo flessibile nel tessuto lavorativo”. Per forza di cose, aggravanti ne siano la crisi e un mercato professionale intasato, “dovete farvi furbi”. Non
ci sono ‘mestieri’ più o meno raccomandabili verso cui indirizzarsi, “però consiglio a tutti di consultare le stime dell’Istat”, ma anche le indagini di AlmaLaurea. A titolo d’esempio: “Rileverete facilmente che uno dei principali deficit occupazionali riguarda i servizi alle imprese”. Di conseguenza, “la probabilità di assunzione in questo campo sarà superiore alla media”. Altro punto a favore di ciascun candidato può essere l’esperienza all’estero: l’Erasmus, così come altri programmi di mobilità europea, “favorisce non solo la crescita personale dei giovani, ma anche l’integrazione
sociale, lo sviluppo dei talenti e inevitabilmente aumenta le condizioni di occupabilità”. Una segnalazione riguarda l’esistenza di bandi e progetti Erasmus Lavoro, promossi dalla Regione, che “consentono di effettuare periodi di soggiorno all’estero ricoprendo incarichi retribuiti”, senza contare ulteriori iniziative, start up e premi per i più meritevoli. L’invito è insomma chiaro: studiare, certo, ma con già in mente una specifica destinazione. “Non fiondatevi direttamente sul pubblico impiego o sull’insegnamento: pensate alle piccole e medie imprese del territorio e siate attivamente imprenditori di voi stessi”. Internazionalizzazione e localizzazione, un binomio vincente
Non si finisce mai di studiare, nemmeno dopo la laurea. “Accedere a un Master in Lingue può
essere un’interessante opportunità per uno studioso di formazione umanistica che guarda al futuro”, afferma la prof.ssa Anna De Meo, Presidente del Centro Linguistico di Ateneo. Mossa vincente per annientare la concorrenza è specializzarsi ad alto livello nell’ambito tecnico-informatico, ciò che trasforma un ‘traduttore’ in ‘localizzatore’ nell’industria 4.0. A tal proposito, la docente rievoca i trascorsi di un Master in ‘Traduzione e Localizzazione dei siti web del Sistema Camerale campano per l’internalizzazione delle Piccole e Medie Imprese’ (AROUND). “Russia, Cina, Spagna, Portogallo, Francia, Svizzera. Queste le destinazioni raggiunte dai nostri studenti. In passato eravamo favoriti, oltre che dal solo patrocinio, anche da finanziamenti ministeriali. Continuiamo ciononostante a perseverare, convinti che la forza della traduzione sia proprio nella localizzazione”. Lo slancio all’internazionalizzazione aumenta a dismisura le opportunità per i traduttori professionisti esperti di siti web, in minoranza rispetto alla richiesta di mercato. Ma cosa vuol dire nei fatti localizzare? Interviene su questo punto la prof.ssa Johanna Monti, docente di Traduzione Specialistica: “La localizzazione è un processo di adeguamento linguistico e culturale di un ipertesto nel passaggio da un sistema comunicativo a un altro. Perché questa transazione si possa effettuare in modo agevole sono necessari esperti sia del contesto di origine che di quello di arrivo”. Non a caso, la localizzazione di testi tecnici e contenuti web o multimediali (si veda Netflix) “riveste una delle maggiori fonti di reddito per i traduttori free lance”. Un esempio in forma diretta è fornito da Rodolfo Maslias, Responsabile dell’Unità di Coordinamento Terminologico della UE, illustrando il funzionamento dei database terminologici usati dal Parlamento Europeo per accogliere glossari interlingua. Gli interventi si susseguono a ruota, contrappuntati spesso da dimostrazioni pratiche grazie alla presenza di referenti di aziende, agenzie di traduzione e organizzazioni culturali, sino alle conclusioni. Il dato principale che emerge dal dibattito conferma il valore di un titolo di qualità. “Anche se si conosce perfettamente una lingua straniera, non ci si può improvvisare traduttori”, sostiene Maria Clara Spatarella, Presidente della Sezione Campania in seno all’AITI (Associazione Italiana Traduttori e Interpreti), ribadendo ciononostante la mancanza di un albo professionale per la categoria. “Nel 50% dei casi il buon traduttore è colui che ha conseguito studi teorici approfonditi e caratterizzanti e nell’altro 50% chi ha accumulato punti bonus in esperienza”. Non c’è verso, “a tradurre s’impara traducendo”.
Sabrina Sabatino
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