“Il mio progetto: aprire il Dipartimento alla città, al territorio”

Più di trent’anni trascorsi nelle aule universitarie, dal 1989 professore di Storia del Diritto Romano a Giurisprudenza della Federico II – Ateneo presso il quale si è laureato negli anni ’70 con relatore l’ex Presidente della Corte Costituzionale Francesco Paolo Casavola -, Preside della Facoltà (dal 2008 al 2013) e poi Direttore del Dipartimento (dal 2013 al 2018) prima di lasciare il testimone al prof. Sandro Staiano, 70 anni, in pensione da novembre. È l’identikit del prof. Lucio De Giovanni al quale è stato attribuito da poco un riconoscimento al culmine di una carriera caratterizzata da un forte impegno scientifico e istituzionale: il titolo di Emerito. “Il Consiglio degli Ordinari ha accettato la proposta dell’Emeritato, sottoscritta dagli studiosi del diritto romano e dal Direttore del Dipartimento Staiano. Titolo con il quale si premia una carriera, l’impegno nelle Istituzioni, l’attività scientifica, e che mi fa restare ancora nella famiglia federiciana”, commenta il prof. De Giovanni. Poi aggiunge: “questo riconoscimento, in qualche modo, l’abbiamo conquistato un po’ tutti. Ho vissuto anni bellissimi sia da Preside di Facoltà, sia da Direttore di Dipartimento, instaurando un rapporto di collaborazione con ognuno che ha condiviso il percorso con me. Il titolo mi ricorda ciò che abbiamo costruito negli anni, dieci anni molto intensi, che devo ammettere mi hanno cambiato la vita”. In che modo? “All’epoca fui candidato da un gruppo di colleghi. Sono sempre stato convinto che, quando si accetta una candidatura per una carica, si deve avere un progetto. Il mio è stato quello di aprire il Dipartimento alla città, al territorio. Volevo far perdere a Giurisprudenza quel senso di autoreferenzialità che le era attribuito. Volevo che diventasse la casa dei cittadini, dove perseguire la legalità, dove la comunità scientifica trovasse riscontro”. Un senso di appartenenza “che volevo sentissero i ragazzi. Se un giovane per una colpa che non ha commesso non crede più nelle Istituzioni, il nostro compito è fallito. Ho cercato di infondere fiducia, con la collaborazione del prof. Giovanni Leone, mio Vice direttore, e con il compianto prof. Carmine Donisi, ordinario di Diritto Civile, cercammo di cogliere il segno di un nuovo tempo”. Così “ho aperto le porte alla città e al territorio, riscontrando l’approvazione dei ragazzi. E quest’aria di innovazione ha cambiato anche me. Per indole, sono una persona timida, non ho mai amato troppo espormi. Quando sono diventato Preside, alcune cose non potevo più evitarle, anche il semplice parlare in pubblico. L’esperienza mi ha maturato anche da un punto di vista personale”. Un docente sempre in movimento, che effetto fa stare in pensione? “Sono andato in pensione con estrema serenità, credo di aver svolto il mio compito, per tutto c’è un inizio ed una fine. Resto a disposizione dei colleghi, del Dipartimento e soprattutto dei ragazzi, rispettando la discrezione del mio compito attuale”. 
Nel nuovo anno accademico gli insegnamenti storici stanno vivendo una compressione. Sono state accorpate le discipline di Istituzioni e Storia del diritto romano in una singola materia per un unico semestre. Cosa pensa di questo cambiamento? “La riforma dei piani di studio è stata varata quando ero ancora in servizio, ma di fatto è iniziata con il mio pensionamento. Dobbiamo pensare che le materie romanistiche si coordinano bene con i due insegnamenti differenziati. D’altra parte, credo che il Dipartimento abbia voluto proporre una rivoluzione che però è ancora in fase sperimentale. Bisognerà vedere quali cambiamenti e quali effetti si producono sul lungo termine. Capisco anche che sono state introdotte delle novità per rendere più accessibile il mercato del lavoro”. Dobbiamo quindi limitarci ad aspettare? “Il senso della storia è indispensabile nella storia della giustizia. Guai a formare  solo un giurista tecnocrate, corriamo il grande rischio di formare un giurista conoscitore ma non interprete delle norme”. Gli studi giuridici come cambieranno in futuro? “Anni fa fui considerato un rivoluzionario dai colleghi, tuttavia ero ancorato alla nostra tradizione. Gli ambiti professionali che si apriranno al giurista saranno sempre nuovi, ci saranno sempre altri campi. Si possono apportare mille cambiamenti nei percorsi di studio, ma non si deve mai perdere di vista la formazione di base dei ragazzi”. 
Alcuni anni fa, durante un’intervista, ci ‘confidò’ che una volta terminato l’incarico avrebbe voluto dedicare più tempo a se stesso, che le mancava anche fare la fila all’Ufficio Postale. Com’è adesso avere del tempo libero? “Purtroppo in posta con il COVID non è che sia utile andare. Però devo ammettere che non avere più il pensiero di essere alle 8 tutti i giorni in Presidenza fa bene. La vita è varia, si devono prendere momenti di riposo, curare i rapporti, curare se stessi e lasciare spazio ai giovani. Da Preside tutte le mattine ero pronto ad accogliere gli studenti, i colleghi, il personale. Oggi lascio il compito dell’insegnamento ai giovani studiosi, non ho voluto restare oltre la pensione ed è giusto così”. Quello che veramente manca “è il rapporto con gli studenti, non tanto l’insegnamento in senso stretto, quanto il contatto con le giovani generazioni che fanno sentire sempre giovane attraverso il loro vissuto. Per il resto, trascorro tanto tempo nel mio studio personale, scrivo articoli, collaboro con diverse riviste scientifiche e partecipo a convegni. Come tutti, sono in attesa della libertà totale, quando potremo muoverci liberamente”. 
 
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