“Il salto che si voleva realizzare da 20 anni è avvenuto in un mese sotto la spinta della necessità”

Si chiama Go-In ed è l’applicazione realizzata dal Centro di Ateneo per i Servizi Informativi (CSI) della Federico II per gestire la fase della ripresa dopo la chiusura totale dell’Ateneo nella scorsa primavera. “È nata – spiega l’ingegnere Giovan Battista Barone – dalla esigenza di consentire l’accesso al personale autorizzato e poi ha ampliato il suo raggio di applicazione alla fase della presenza degli studenti. È quella nella quale, come noto, le aule possono essere riempite al massimo al cinquanta per cento della capienza massima”. Go-In, spiega Barone, funziona così: “c’è l’orario online. Lo studente si prenota, riceve un codice ed una iscrizione alla teledidattica in modo che se non riesce a seguire in presenza può assistere comunque alla lezione in remoto. Ci si prenota ad inizio settimana. Chi non riesce ad entrare in lizza per seguire in aula nella settimana è spostato automaticamente a quella successiva”. L’app si scarica ad un link e può essere ovviamente utilizzata anche da smartphone. “Gli immatricolandi – prosegue la spiegazione Barone – possono accedere con lo spid. In questa maniera è come se chi si prenota fornisse una carta di identità e siamo sicuri della sua identificazione”. 
Go-In fornisce informazioni relative alla provenienza degli studenti che si prenotano settimana dopo settimana e questo, sottolinea Barone, potrebbe consentire una collaborazione con le aziende che gestiscono il trasporto pubblico. “È una cosa che stiamo organizzando. Abbiamo già 113 mila ore prenotate, 20 mila delle quali con spid. Vorremmo aggiungere l’indicazione della movimentazione da trasferire alle aziende di trasporto che avrebbero così modo di conoscere con anticipo i flussi studenteschi previsti ogni giorno relativamente all’Università e potrebbero organizzarsi in maniera adeguata. Si pensi agli allievi che vanno a Portici presso il Dipartimento di Agraria, per esempio, o che frequentano Enologia ad Avellino”. 
I kit per le 900 aule dell’Ateneo
L’app è naturalmente solo uno degli strumenti individuati dalla Federico II per organizzare la didattica in presenza. “È stato complicato, ma credo che abbiamo risposto bene. L’Ateneo ha predisposto un kit. Ciascuno con telecamera, lavagna grafica, portatile, netbook, microfono wifi per ciascun docente, in modo da evitare usi promiscui che potrebbero determinare contagi. Ogni kit può essere utilizzato in una delle oltre 900 aule che abbiamo e che sono dislocate in vari punti della città. Tutto ciò per garantire le lezioni in presenza e, contemporaneamente, a distanza, con gli studenti collegati da casa ed il professore in aula. La didattica mista, insomma”. Per raggiungere un risultato simile è stato necessario un lavoro di molti mesi. “Ci siamo attrezzati – va avanti Barone – da luglio. Abbiamo acquistato 1800 microfoni wi-fi, che oggi sono difficili da reperire perché richiestissimi. Mille computer, più di un migliaio di telecamere. Cinquecento tavolette grafiche. Un investimento di oltre un milione di euro”. Sottolinea: “Qui a Napoli siamo da sempre abituati a fare le cose anche in condizioni difficili. Diciamo che siamo meno precisini che altrove e questo, in una situazione inimmaginabile come quella che abbiamo attraversato e che in parte continuiamo a vivere, è stato prezioso. Credo che la Federico II sia stata tra gli Atenei che ha risposto meglio alla emergenza”. 
A Lettere i docenti più bravi
Le attrezzature, poi, saranno utili anche quando la pandemia sarà superata: “Sono una opportunità in più che aiuterà a potenziare e migliorare la didattica in aula e consentirà, laddove necessario per particolari esigenze, di condurla anche a distanza. Abbiamo collegato la piattaforma moodle con la nostra teams ed adesso da casa lo studente può esercitarsi ai compiti direttamente su queste infrastrutture. Il salto che si voleva realizzare da 20 anni è avvenuto in un mese sotto la spinta della necessità. Se prima c’erano professori scettici o pigri relativamente alle potenzialità di queste tecnologie, ora sono i professori che chiamano me. I più bravi non sono stati gli ingegneri, peraltro, ma i docenti di Lettere e Filosofia. C’è un motivo. Hanno pazienza e capacità di leggere i testi ed hanno applicato questa caratteristica anche ai manuali. Li hanno letti ed hanno portato a termine quello che dovevano fare. La prova di quel che dico? La prima lezione telematica, che si è svolta il 12 marzo, sette giorni dopo la chiusura completa degli Atenei, è stata alla Federico II quella di Lettere medievali”.
Una sfida impegnativa che attende l’Ateneo in questa fase che è appena iniziata è certamente la formazione del personale alla gestione ed al montaggio dei kit che sono stati acquistati per la didattica mista. “Certamente – dice il prof. Vittorio Coti Zelati, che è il Direttore del Centro di Ateneo per i Servizi Informativi – non possiamo farlo solo noi come Centro, perché non abbiamo il personale sufficiente”. Aggiunge: “Molte aule sono state attrezzate, altre un po’ meno. Abbiamo fatto una serie di acquisti, ma ne mancano ancora. Stiamo pensando, per esempio, a telecamere che abbiano prestazioni migliori”. Conclude: “Si è fatta la scelta di gestire a livello Dipartimentale la didattica mista e questo comporta la necessità di adattarsi alle varie strategie adottate dai singoli Dipartimenti”. Dopo il Covid cosa accadrà? “Tendenzialmente l’idea è che sia importante la comunità e che sia imprescindibile tornare alla didattica in presenza con la certezza di poterlo fare in sicurezza. Alcune cose buone sono uscite da questa esperienza – mi riferisco alla didattica a distanza – e sicuramente si sono diffusi strumenti che avevamo già e non avevamo utilizzato a pieno”. 
 
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