Bruno Preziosi: un pezzo di storia della Fisica napoletana

“Sono stato uno degli ultimi laureati in Matematica e Fisica. Il mio relatore era Carlo Miranda. Alla seduta era presente anche Caccioppoli, che si suicidò quindici giorni dopo” ricorda il prof. Bruno Preziosi, 75 anni, originario di S.Angelo del Pesco in provincia di Isernia, una delle figure più importanti del panorama scientifico italiano, che ha contribuito alla diffusione, nel nostro paese, della Fisica della Materia, lavorando con alcuni degli scienziati più importanti del ‘900. Poche settimane fa, un gruppo di colleghi del Dipartimento di Fisica del Federico II ha inoltrato alla Facoltà di Scienze, la proposta di conferimento del titolo di Professore Emerito. “Riteniamo che sia un atto doveroso, perché si è sempre prodigato scientificamente e organizzativamente” spiega il prof. Giuseppe Iadonisi, amico a collega di una vita. Dicono di Preziosi che sia uno dei docenti più severi (sulla sua porta c’è orgogliosamente scritto ‘nazicomunista’, beffeggiando un epiteto del Senatore Bossi, di alcuni anni fa), ma che abbia formato alcuni degli scienziati migliori mai usciti dall’università napoletana. Anche il Rettore Trombetti è stato un suo allievo. “Si lamenta ancora perché gli diedi 28 e quel giorno avevo dimenticato che c’erano gli esami”. I più consigliano di passare al Dipartimento di Fisica prima delle vacanze di Natale. “Tutti gli anni prepara il mandorlato, un dolce con delle mandorle particolari, mescolate con zucchero e caramello. L’eccesso viene lavato sul marmo con acqua fredda. È duro e si mangia a pezzetti. E’ proprio buono” dice scherzando il prof. Iadonisi.
Caianiello
“il mio maestro”
“Sono entrato all’università nel ’58, grazie ad un piccolo boom”. Quell’anno, infatti, fu riformato il Consiglio per la Pubblica Istruzione e furono istituiti gli indirizzi. Nella struttura appena rinnovata si crearono molti spazi per i giovani ricercatori. “Per laurearmi, ho impiegato 8-9 anni. La Fisica mi piaceva molto ma a quel tempo non si faceva molta ricerca scientifica, tranne che nel campo della Fisica Teorica. Mi impegnavo di più negli scacchi, sono stato problemista ed ho raggiunto il rango di giudice internazionale”. Tutto cambiò nel 1956, l’anno della svolta per la fisica napoletana. “Quell’anno arrivò a Napoli Eduardo Caianiello, il mio maestro, il primo che in Italia capì l’importanza dell’informatica”. Nonostante disponesse di scarse risorse finanziarie, Caianiello riuscì in pochi anni a costruire una solida struttura di ricerca. Collaborò con molti studiosi internazionali. Trasformò la cattedra di Fisica Teorica in istituto. Cercò spazi per realizzare nuovi laboratori. Creò una scuola di perfezionamento. Avviò le ricerche nel campo della Cibernetica e ampliò quelle nel campo della Fisica Nucleare. Fece venire a Napoli Valentino Braitenberg, giovane neurologo e psichiatra, insieme al quale diede vita a ricerche all’avanguardia nel campo degli studi sul cervello da un punto di vista fisico e matematico, precorrendo le moderne teorie sulle reti neuronali e i neuroni digitali. “Quando Caianiello arrivò a Napoli, fu una vera rivoluzione. Capii che non potevo perdere quell’occasione e mi misi a studiare. Ho iniziato la mia carriera lavorando come suo assistente”. In quel periodo venne inaugurato il Padiglione 19 della Mostra d’Oltremare, sede del Dipartimento di Fisica fino alla realizzazione di Monte Sant’Angelo. “Mi ricordo che all’inaugurazione partecipò anche Heisenberg, beccato da Caianiello in vacanza ad Ischia”. 
In quegli anni nacque l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, anche se le ricerche in questo campo erano sviluppate soprattutto a Roma. “A Napoli, allora, non c’era questa tradizione. A quel tempo le ricerche di Fisica Nucleare si facevano con delle lastre. Si andava dove c’erano ghiacciai per esporle ai raggi cosmici ma ci furono comunque scoperte interessanti”. Alla fine degli anni ’50, furono abbandonate le lastre e si cominciò ad adoperare gli acceleratori e in Italia è stato realizzato il primo anello di accumulazione. Nel 1963 decise, insieme a Iadonisi, di intraprendere un nuovo campo di studi: la Fisica dello Stato Solido. “Ci trasferimmo a Messina, che insieme a Pavia costituiva il polo italiano più importante in questo campo. Lavoravamo con alcuni studiosi americani e, con grande difficoltà, iniziammo ad imparare questo mestiere”. Erano studi che richiedevano l’uso di calcolatori e a Napoli ce n’era solo uno a Chimica, seguito poi dal calcolatore di Ingegneria e dal centro di calcolo di Fisica.  “Si faceva la fila con il proprio pacco di schede. Dopo si andava a Milano, a fare conti più complicati, con un calcolatore più potente cui avevamo accesso solo la notte. Il primo lavoro non fu semplice ma ci diede lo slancio per andare avanti”. 
La diffusione della 
Fisica della Materia
Col tempo le cose iniziarono a migliorare ma ci furono sempre grandi difficoltà connesse alla mancanza di mezzi di calcolo adeguati. “All’inizio del ’68 Caianiello fondò il Dipartimento di Cibernetica e io mi trovai ad essere il direttore facente funzione in una situazione molto difficile perché la struttura della Mostra era ancora incompleta e aveva bisogno di interventi di ristrutturazione urgenti”. 
All’inizio degli anni ’70, a Napoli cominciò a svilupparsi un importante ambito sperimentale, sia nel campo della super conduttività che in quello dell’ottica. In quegli anni, Preziosi si interessò molto all’organizzazione, sia a livello nazionale che locale, della ricerca nella Fisica della Materia, lavorando insieme a Piero Tosi, nella Giunta Esecutiva del Gruppo Nazionale di Fisica della Materia del CNR. “Sceglievamo i lavori di ricerca da finanziare, attraverso dei veri e propri esami. Eravamo considerati dei terroristi, ma questo era di stimolo a tutti per fare del proprio meglio. Tosi soprattutto, che aveva le responsabilità più gravi, era molto pungente nelle domande ma i finanziamenti dipendevano dall’esito di questi esami”. In questa maniera, a differenza di quanto accadeva con la Fisica Nucleare, svolta e gestita solo da alcune università, la Fisica della Materia si diffuse in tutte le università e questa spinta durò fino alla fine degli anni ‘70. 
Critiche ad Hall,
Nobel 2005
Negli ultimi anni il professore si è avvicinato a problemi di Relatività e, intorno a questi studi, verte un episodio interessante della sua vita. Nel 2002 ha pubblicato un lavoro critico sui tentativi di alcuni sperimentali, tra cui il premio Nobel del 2005 John L.Hall, che conducevano gli studi sulla velocità della luce e l’irradiamento del corpo nero. In Fisica un corpo nero è un oggetto che assorbe tutta la radiazione elettromagnetica incidente e che, quindi, non riflette. Nonostante il nome, il corpo nero irradia comunque ed ha uno spettro (l’intensità della radiazione emessa da ogni lunghezza d’onda) caratteristico che dipende dalla temperatura. In Astronomia oggetti come le stelle sono approssimativamente dei corpi neri. Uno spettro da corpo nero quasi perfetto, è evidente nella radiazione cosmica di fondo, la cui temperatura è bassissima e molto prossima allo zero assoluto, circa 273°C, sotto zero. Il lavoro pubblicato dal professore criticava i tentativi di trovare un’anisotropia nella velocità della luce. Significava che, guardando in direzioni diverse dello spazio gli spettri della radiazione erano simili ma non coincidessero e che quindi le proprietà fossero leggermente diverse. Questi esperimenti furono condotti utilizzando una serie di satelliti extra-terrestri che si scambiavano raggi di luce. Posizionandoli in punti diversi, gli scienziati cercavano di rilevare qualche anisotropia. Non ne trovarono alcuna, qualunque fosse la direzione. “La ragione per la quale escludevo che ne potessero trovare, era determinata dall’osservazione che la velocità della luce è usata proprio per definire le distanze e non dipende dalle posizioni. Lo dissi a Hall di persona. Non rispose ma si arrabbiò molto. Ad ogni modo il Nobel è meritato, perché lui e il suo gruppo sono riusciti a trovare, in questo e in altri esperimenti, dei dati con una precisione che ha dell’incredibile ed hanno permesso di rinvenire tutta una serie di misure atomiche anche nella fisica dei solidi”.
 
E’ il secolo 
della Biologia
A questo punto viene naturale fare delle previsioni sulla Fisica dei prossimi anni. “Non credo che ci saranno grandi scoperte dal punto di vista teorico, se ne avranno di più a livello sperimentale e applicativo. Le novità principali verranno dalla Biologia. Questo sarà, senza dubbio, il suo secolo e molti fisici lavorano già in simbiosi con i biologi per dare il loro contributo allo studio delle molecole. La Fisica avrà ancora molto da dire sui microchip e le nano strutture anche se i progressi sono già stati notevoli”. 
Della struttura napoletana che ha diretto per tanti anni, è molto orgoglioso. “Siamo uno dei poli più importanti per la Fisica della Materia, ma in questi ultimi cinque anni, in seguito alla decisione del Ministro Moratti di sciogliere l’Istituto Nazionale le cose sono molto peggiorate”. 
LA SCOMPARSA DI MAJORANA. Tra gli interessi di questi ultimi anni, c’è anche la ricerca storica dell’evoluzione scientifica a Napoli con un’attenzione particolare rivolta a Ettore Majorana e al suo periodo napoletano. “Mi interessa perché è stato professore in questa università anche se non ha avuto modo di lasciare allievi”. Sulle ragioni della sua scomparsa il professore non ha dubbi. “È andato in convento, perché non riusciva ad avere rapporti umani, portadosi dietro i molti soldi che aveva messo da parte dal momento che non aveva mai ritirato lo stipendio”. 
Simona Pasquale
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