Franco Ortolani, un professore militante

“Sono nato in Emilia, ma ho studiato a Napoli e mi sono laureato in Geologia nel dicembre 1969, con il professore Tullio Pescatore. Preparai una tesi sperimentale in Rilevamento geologico. Nel 1972 divenni borsista. Nel 1976 vinsi il premio Giorgio Dal Piaz per la migliore produzione geologica di quell’anno in Italia. Nel 1980 divenni ordinario. A giugno di quest’anno la mia ultima lezione. Dal primo novembre sono ufficialmente in pensione”. Il prof. Franco Ortolani sintetizza in poche date la sua vita dedicata all’università, alla ricerca ed all’impegno per la tutela del territorio. Docente di lungo corso, sui media compare spesso in qualità di esperto, in relazioni a vicende di discariche, ciclo dei rifiuti, prospezioni petrolifere. È il tecnico di riferimento per comitati ed amministrazioni che si oppongono alle scelte che ritengono insostenibili, sotto il profilo ambientale. 
Chi sono stati i suoi maestri?
“Pescatore ed il professore Felice Ippolito”.
Personaggio discusso, quest’ultimo. Fu tra i promotori del nucleare in Italia e fu arrestato per presunte irregolarità amministrative nella gestione del comitato nazionale per l’energia nucleare, del quale fu segretario…
“Lo conobbi dopo la grazia, quando ottenne una cattedra a Napoli. Resto convinto che fu ingiustamente coinvolto in quella vicenda, per maneggi delle grandi società petrolifere dell’epoca. Ippolito mi ha insegnato che anche la scienza rischia sempre di essere indirizzata ed orientata dai potentati economici e dalle lobby”.
Quali i ricordi più vivi?
“Certamente il terremoto del 1980 resta indelebile. Ero ordinario da pochissimi mesi… Il giorno dopo la scossa ero già lì, nei paesi devastati dal sisma. Giravo in auto ed avevo con me il necessario per accamparmi, qualora fossi rimasto bloccato: acqua, cibo, un sacco a pelo. Il lavoro sul campo durò per tutto l’inverno e per la primavera seguente. Mi interessai soprattutto di verificare in che modo la particolare natura geologica di un territorio possa ampliare o ridurre gli effetti di una scossa. Studiavo con passione e con la rabbia di chi, pur avendo già trascorso anni ed anni ad approfondire le tematiche della geologia, non era stato in grado di capire che si stava preparando un evento di quella portata devastante e, quindi, di proporre soluzioni per mitigarne gli effetti. Tema, come sa, di perdurante attualità”.
Un altro flash della memoria?
“Il movimento della Pantera nel 1991. Ero Direttore del Dipartimento di Scienze della terra ed il complesso di San Marcellino era stato occupato dagli studenti che protestavano contro la riforma Ruberti. Misi loro un fax a disposizione e procurai la carta, a patto che non entrassero nei laboratori e negli istituti, dove c’erano attrezzature costose e delicate. Fui convocato dopo qualche tempo dal professore Carlo Ciliberto, all’epoca Rettore dell’Ateneo Federico II. Mi redarguì. Mi offrii di pagare di tasca mia il costo dell’utilizzo del fax, che ammontava a circa 300 mila lire. Il docente lasciò perdere. Resto convinto che la mia fu una buona scelta di compromesso ed evitò problemi. In altri istituti e laboratori, per esempio a Biologia, ci furono danni per milioni di lire”.
Quanti ragazzi si sono laureati con lei?
“Cinquecento circa. Quarantadue solo negli ultimi 18 mesi. Molti bravi, altri meno, da tutti ho cercato di ricavare il massimo delle potenzialità. In fondo, credo che sia questo il ruolo di un buon docente”. 
Quali caratteristiche non devono mancare ad uno studente che si accinga ad intraprendere il percorso di studi in Geologia?
“Oltre ad una buona cultura di base, curiosità e spirito di osservazione. La natura ci parla, ma se non abbiamo orecchie per ascoltarla, non ne recepiamo il messaggio. Ecco, allora, che si verificano tragedie come il Vajont o che – è accaduto nel Beneventano pochi anni fa – si realizza una discarica in un’area dove è in corso da decenni una frana lenta. Il fatto è che le orecchie non di rado sono tappate da chi ha interessi speculativi ed influenza i tecnici, i ricercatori, gli scienziati”. 
La sua più grande delusione?
“Quando vedo professori universitari che interpretano il proprio ruolo non al servizio della collettività, dei cittadini, ma dei propri interessi privati e personali. Fanno affari in proprio o li fanno realizzare ad altri, omettendo di dire quel che potrebbero e saprebbero dire”. 
Cosa farà adesso?
“Non mancano gli impegni. Anche in ambito universitario, dove parteciperò all’organizzazione di corsi post lauream sul rilevamento geologico”. 
Consiglierebbe oggi ad un giovane di studiare Geologia?
“Ho una figlia e fa tutt’altro, frequenta l’Accademia di Belle Arti. Credo che ciascuno debba assecondare le proprie inclinazioni e poi, intrapresa una strada, seguirla con serietà, spirito di sacrificio, coerenza ed onestà. Perciò, se un giovane ha interesse alla Geologia, è giusto che imbocchi quel percorso”.
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