Scienze Politiche. La parola al sociologo Giacomo Di Gennaro

“La Campania è sicuramente la regione che detiene il primato di più alta attività estorsiva. C’è una correlazione molto forte tra la condizione di diffusa illegalità e lavoro sommerso in cui versano spesso aziende o commercianti e la loro ricattabilità. L’attività estorsiva pianta radici anche perché questi soggetti non possono denunciare, essendo loro stessi in una situazione di semi-legalità. Ci sono settori interi che sono sotto il totale controllo estorsivo come l’edilizia, le costruzioni, ma anche la ristorazione e il turismo”, afferma il prof. Giacomo Di Gennaro, docente di Sociologia al Dipartimento di Scienze Politiche, autore del volume “Estorsioni in Campania – il controllo dello spazio sociale tra violenza e consenso”. La pubblicazione – che sarà presentata a marzo a Giurisprudenza e ad aprile a Scienze Politiche insieme a “L’usura in Campania” – è stata commissionata nell’ambito del PON Sicurezza per lo sviluppo e riporta gli studi sviluppati dal prof. Di Gennaro e dal suo gruppo di ricerca, attivo ormai da anni nell’analisi dei fenomeni criminali. “Mi occupo dagli anni ‘80 di sociologia criminale – spiega il docente – e negli anni si è formato un gruppo di ricerca molto attivo e composito. Ci sono colleghi di Giurisprudenza, come i penalisti Maiello, Amarelli e Troncone, ma anche docenti della Parthenope come l’economista Marselli, nonché altri docenti di Atenei romani o milanesi. Inoltre è strettissima la nostra collaborazione con le Istituzioni: con la DIA, con le procure locali e la Procura nazionale antimafia, con il Comando dei Carabinieri ad esempio”. A curare la prefazione del volume è proprio il procuratore Franco Roberti, tra i membri fondatori, insieme al prefetto Panza, del Master in Criminologia della Federico II, di cui Di Gennaro è coordinatore. Un legame proficuo che ha portato a numerose pubblicazioni e allo sviluppo di un metodo scientifico nell’analisi di questi fenomeni che fino al 2009 – 2010 non era praticato: “abbiamo pubblicato nel 2010 un primo lavoro che si è basato sull’analisi rigorosa dei documenti giudiziari (ne abbiamo letti circa 2100) e sulle interviste a vittime, magistrati, investigatori (abbiamo ascoltato 1700 intercettazioni). Prima del 2010 i dati che venivano pubblicati, da vari enti statistici, erano privi di verificabilità. Noi abbiamo lavorato su una dimensione quanti/qualitativa e abbiamo descritto dettagliatamente il percorso metodologico con cui siamo riusciti a stimare i dati relativi ai fenomeni camorristici”.
Nel volume ‘L’estorsione in Campania’, viene quindi raccontato questo fenomeno, in preoccupante crescita, con un taglio multidisciplinare, che va dall’analisi sociologica a quella statistica. Il fenomeno ha delle sue precise dinamiche e quello che emerge dagli studi del prof. Di Gennaro riguarda le differenti modalità con cui si esplica nelle diverse province e i nuovi metodi estorsivi, sempre meno rintracciabili. “Contrariamente a quanto si pensa – sottolinea Di Gennaro – l’attività estorsiva si sviluppa in una maniera molto elastica. Diciamo che risente della curva di Laffer, per cui si tende a non stressare troppo la vittima, che altrimenti ricorrerebbe alla denuncia. Le organizzazioni criminali sono molto attente ai cicli economici. Sanno che devono trovare un equilibrio: come dice il vecchio detto ‘troppe tasse distruggono le tasse!’. Quando la crisi economica si è fatta più forte, si sono resi conto che in alcuni casi la richiesta andava abbassata”. Non si può parlare neanche più di pizzo vero e proprio, perché i camorristi si sono ‘travestiti’ da imprenditori: “L’estorsione non è più nella tipologia del pizzo: ormai c’è una gamma molto più ampia attraverso cui si applica. Ad esempio, l’imposizione di forniture o di servizi”. Questo però, spiega il professore, genera anche un certo consenso: “La vittima è meno portata a denunciare perché, azzerandosi di fatto la concorrenza nel settore di riferimento, viene a trovarsi in una situazione di comodo. Per gli investigatori è più difficile scoprirla perché tutto gira anche attorno a fatturazioni false e sommerso. Insomma, l’attività estorsiva, pur mantenendo il retroscena di imposizione, di fatto si è trasformata in attività imprenditoriale”.
Altro dato che emerge dalla ricerca e racconta come sta cambiando la camorra è l’analisi dei reati spia, cioè incendi, atti intimidatori, minacce, la cui intensità cambia a seconda della potenza dei clan. “Dove la gestione dei clan è monopolistica, il numero di reati-spia è più basso. C’è una calma apparente”. La differenza di atteggiamenti tra Napoli e la sua provincia, e con le altre province campane: “A Napoli, dove il livello di concorrenza tra i clan è più alto, tutto si gioca sul controllo del territorio tramite la violenza. Nel casertano, invece, sotto l’egemonia dei Casalesi non necessariamente si passa attraverso la violenza. Il livello di organizzazione del gruppo, rendimento e controllo territoriale, influenza tipo e forma di estorsione. Più il gruppo è forte e meno ha bisogno della violenza, e meno pratica la forma del pizzo. L’estorsione si realizza quando il gruppo criminale semplice fa il salto a quello mafioso. Rappresenta il discrimine. Per questo, sconfiggere il fenomeno estorsivo significa sconfiggere per il 70% il gruppo criminale”. I proventi delle estorsioni – qui ci si collega all’altra ricerca – vengono investiti in altre attività illegali, più redditizie, tra cui l’usura che è in forte crescita: “Ormai sono tantissime le vittime e spesso le stesse vittime si trasformano in carnefici. Di questo fenomeno se ne parla ancora molto poco”.
Valentina Orellana
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