Sosta selvaggia nel cortile di Mezzocannone 8

Le auto (abusivamente parcheggiate) scacciano gli studenti dal cortile di via Mezzocannone 8. Edificio monumentale, quello che ospita aule e laboratori di Scienze Biologiche. Area frequentata non solo dai ragazzi e dai docenti, perché chiunque, turisti compresi, voglia accedere ai Musei di Zoologia e di Fisica non può che attraversare quello spazio. Dove, però, vige la sosta selvaggia.
Per verificarlo, è sufficiente una passeggiata in un qualunque giorno feriale. Alle dodici di mattina del 21 ottobre, per esempio, l’area è interamente occupata da vetture. In più, due moto sono sistemate al coperto, evidentemente per evitare che la pioggia le bagni. I cartelli di divieto di sosta servono a poco. Arriva una signora, s’infila in auto e si appresta a mettere in moto. Domanda: “Scusi, ma per parcheggiare qui come si fa, c’è un permesso?”. Risposta: “Ovviamente sono autorizzata dall’Ateneo, come tutti quelli che lasciano la propria vettura in questo cortile”. Pochi minuti ed ecco due ragazzi che entrano in un’altra auto. Stessa domanda. Risposta disarmante: “Che le devo dire, questa è l’auto di un professore e ci ha detto di spostarla”. Ateneapoli ha dunque chiesto lumi all’Ateneo, ed in particolare agli Uffici tecnici, per verificare se effettivamente siano stati rilasciati permessi di sosta nel cortile di Mezzocannone 8, sulla base di quali criteri ed in che numero. Il chiarimento, che giunge attraverso l’Ufficio stampa della Federico II, è quantomeno sorprendente. “In quello spazio”, garantisce l’Università, “sono autorizzati a parcheggiare solo i portatori di handicap ed i mezzi adibiti al carico ed allo scarico, perché capita che debbano prelevare strumenti nei laboratori. Altri permessi non ce ne sono”. I posti riservati ai disabili sono due. Uno è contrassegnato dall’apposita segnaletica. L’altro non più, perché il segnale è stato divelto, o involontariamente abbattuto da qualche auto in manovra, e giace nell’erba abbandonato. C’è poi un unico posto per lo scarico ed il carico, anch’esso segnalato dall’apposito cartello. Eppure, il 21 ottobre – ma il risultato sarebbe lo stesso se si andasse lì in un qualunque altro giorno feriale – in tarda mattinata le auto parcheggiate sono una quarantina. I proprietari, si può ipotizzare, sono docenti ed amministrativi. Un parcheggio in piena regola, ma dai dubbi profili di sicurezza, perché si entra e si esce da un unico varco. Come e perché tante persone siano entrate in possesso del telecomando che aziona l’apertura automatica del cancello da via Paladino è un mistero sul quale la Federico II, fanno sapere dagli Uffici tecnici, ha già avviato una inchiesta interna. “In passato”, dicono dagli Uffici centrali dell’Ateneo, “quando c’erano ancora le Facoltà ed i Dipartimenti, i Direttori di questi ultimi autorizzavano un numero limitato di persone ad accedere e gli autorizzati avevano naturalmente il telecomando. Oggi non ci sono più permessi. Verificheremo chi ed a quale titolo sia oggi in possesso del dispositivo che apre il cancello da via Paladino”. L’indagine interna predisposta dall’Ateneo, a questo punto, potrebbe perfino riservare sorprese ancora più clamorose. Non è da escludere, in questo quadro di assoluta incertezza, l’ipotesi che quel telecomando possa essere finito nelle mani di esterni all’università. Se così fosse, anche la dinamica del recente furto perpetrato ai danni del Museo di Zoologia, con la sottrazione di cinque antichi corni di rinoceronte, potrebbe essere parzialmente chiarita.
 
Le rampe del Salvatore invase da erbacce
 
In attesa di eventuali sviluppi, il segnale che offre l’assedio di auto e moto a quel cortile ricco di storia è pessimo. Per il decoro dell’edificio, innanzitutto. Per il messaggio che trasmette, perché la violazione sfacciata delle regole di convivenza, se tollerata in un Ateneo, luogo di cultura per eccellenza, è particolarmente grave. Per la vivibilità dei luoghi, inoltre, e qui ritornano in gioco gli studenti. Potrebbero infatti, nei giorni di bel tempo, utilizzare il cortile per mangiare, chiacchierare, ripassare una lezione. Potrebbero, appunto, ma non ci riescono, perché l’area è quasi interamente occupata dalle auto e ci sono solo due misere panchine in legno, assediate dalle lamiere. Si arrangiano, dunque, come possono e stazionano sulle scale che conducono alle aule, ai laboratori ed ai musei. Mangiano, bevono un caffè, chiacchierano seduti in terra. “Non ci sono alternative”, dice Teresa Auricchio, “e facciamo di necessità virtù”. Il problema, però, è che non sempre ragazze e ragazzi hanno l’accortezza di portare via carte, bicchierini e rifiuti. Sporcizia – non è pensabile, per esempio, che in tarda mattinata un angolo del cortile sia occupato da grossi sacchi di spazzatura in attesa di prelievo-, maleducazione, incuria minacciano dunque la bellezza dello storico edificio di via Mezzocannone 8. “È una situazione”, sbotta il prof. Gaetano Ciarcia, docente a Scienze Biologiche, “che ho denunciato più volte, l’ultima un anno fa. Ebbi anche un incontro con il professore Arturo De Vivo, il Prorettore. Purtroppo, nulla è cambiato, come può constatare chiunque. Un esempio tra tanti: le rampe del Salvatore, adiacenti all’ingresso da via Paladino. Chiuse da un cancello, inutilizzate, invase da ratti e da erbacce”. Prosegue: “Non si comprende per quale motivo l’Ateneo debba farsi carico di offrire un parcheggio ai suoi dipendenti, o meglio ad alcuni di essi. Vengano coi mezzi pubblici oppure, se non possono o non vogliono rinunciare all’auto, provvedano da soli a cercarsi un parcheggio”. Conclude: “Mi pare che siano altre le priorità, altro che posto auto per i professori e per gli impiegati. A Mezzocannone 8 mancano spazi nei quali studiare e mangiare un panino senza accamparsi alla meno peggio. Non mi risulta che l’Ateneo abbia tra i suoi compiti istituzionali quello di offrire il parcheggio ai miei colleghi ed agli amministrativi. Gli unici che dovrebbero avere libero accesso con le auto a quel cortile sono i disabili. Gli altri, cortesemente, se proprio non concepiscono di venire al lavoro con i mezzi pubblici, parcheggino altrove”. 
Fabrizio Geremicca
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