Storia di Okairòs, spin off che ha studiato i vaccini genetici

“Oggi abbiamo ricevuto nuovi spunti. Ai corsi non si parla molto degli aspetti economici legati alla nostra possibile professione. L’incontro ci ha dato tante informazioni in merito a costi, brevetti, produzione e vendita di un prodotto finito”. È partito con Genesio, studente del secondo anno di Biotecnologie Mediche, un coro che all’unisono ha mostrato soddisfazione per l’esperienza didattica appena vissuta. Buona la prima di “Frontiere in Biotecnologie”, il ciclo di seminari che porta la firma del Dipartimento di Medicina Molecolare e Biotecnologie Mediche. Tema dell’incontro che, il 22 marzo, ha alzato il sipario sull’iniziativa “Cosa una Biotech dovrebbe essere e fare? Storia di Okairòs”. Nell’Aula Magna di via De Amicis, riempita per metà, cifre, tempistiche e metodologie di ricerca nel campo dell’industria biotech hanno trovato voce attraverso il relatore dell’incontro, il professore di Biologia Molecolare Alfredo Nicosia: “una delle possibilità di un biotecnologo è quella di costruire un’azienda biotech e portarla a un livello di maturazione tale da produrre un farmaco o da passare gli studi a una grande azienda farmaceutica che si occupa della produzione”. Concetto che il docente ha espresso in qualità di fondatore di Okairòs, spin off nato nel 2007 con l’obiettivo di sviluppare, produrre e commercializzare vaccini genetici. Prima di arrivare al caso concreto, però, un’ampia parentesi è stata aperta sul percorso che determina la nascita di un’industria di settore, a partire dalla riflessione sulla differenza tra ricerca di base e ricerca biotech. Mentre la prima “si occupa di scoprire molecole, fenomeni e, a volte, altre specie, in vista di un approfondimento della conoscenza che non ha necessariamente uno scopo di applicazione immediata”, la seconda “studia farmaci, meccanismi di produzione e altro, con l’obiettivo di risolvere problemi. In tal caso è necessario produrre i ‘candidati’ farmaci ed è indispensabile sapere come proporli agli studi regolatori per proteggere le scoperte”. Altro aspetto importante riguarda “le strutture specifiche, indispensabili per un’azienda del genere. Ad esempio, avere un laboratorio GMP – Good Manufacturing Practicies – può essere fondamentale per passare dalla fase di produzione del farmaco a quella clinica”. Attenzione anche a difendere la proprietà intellettuale: “se non posso dimostrare che un determinato prodotto è mio, allora chiunque può realizzarlo e competere con me dal punto di vista commerciale. Eventualità che non si realizza se ho un brevetto che attesta che io sono l’unico proprietario”. Tre i criteri esaminati in fase di approvazione del brevetto: “utilità, novità e inventività. Bisogna dimostrare che quello che ho fatto non era prevedibile e non è stato descritto da nessuno prima di me”. Superato questo step, si può procedere alla divulgazione della propria opera, con un chiarimento: “si pubblica per far conoscere, ma soprattutto per far valutare quanto scoperto dai reviewer. La visibilità su una rivista attesta la qualità della ricerca, perché prima della pubblicazione è stata revisionata e valutata da esperti che hanno fatto le pulci al nostro lavoro”. Seguire pedissequamente la ricetta, però, potrebbe non bastare. Occorre restare vigili su un ulteriore aspetto, il portafogli: “sapete come si finanziano le Biotech?”, ha chiesto il relatore svelando presto il mistero: “attraverso un contratto con investitori privati che vanno dai ‘ricchi’ a chiedere soldi. Motivo per il quale, oltre a un progetto convincente, serve un business plan molto accurato. Un percorso del genere ti insegna a risolvere problemi”. E a evolvere, cercando di rispondere sempre meglio alle esigenze della medicina e del mercato. Non a caso Okairòs, fondata per trovare “un nuovo approccio per malattie infettive croniche o per il cancro”, dopo le esperienze accumulate nel campo della genetic vaccination, è stata venduta. Però “abbiamo creato una progenie”. I figli di quella industria biotech rispondono a due nomi: “ReiThera, che prosegue il lavoro fatto con Okairòs, e NOUSCOM, incentrata sui vaccini per il cancro. In questo caso, ho sfruttato i miei asset per lavorare a qualcosa di diverso”. Sul lavoro di NOUSCOM, uno studente ha chiesto: “è possibile intervenire in maniera preventiva nei confronti del tumore?”. Il prof Nicosia: “il problema è che oggi il database nei confronti del cancro cresce in maniera esponenziale. Le mutazioni comuni sono quasi inesistenti, quindi non è possibile una strategia di vaccino universale”. Chiusura con un applauso. Molti dei partecipanti, come Alessia, studentessa di Biotecnologie Mediche, avevano familiarità con le capacità oratorie del relatore: “ho conosciuto il professore ai corsi. Mi piace molto il suo modo di spiegare. Fa sempre lezioni interattive, ci coinvolge”. Nadia, sua collega, ha aggiunto: “chiarisce bene ogni minimo particolare, è capace di farci creare delle immagini nitide in testa”. Per Marco: “l’aspetto a mio avviso più importante che ci ha trasmesso il professore è come lavorare in team. Noi – si riferisce ai colleghi accanto a lui – già facciamo gruppo in laboratorio”. All’incontro non sono mancati studenti della Triennale in Biotecnologie per la Salute, come Gianluca Scerra, rincuorato dall’esperienza del fondatore di Okairòs: “il professor Nicosia ha fondato aziende a Napoli. È rassicurante, soprattutto in un contesto in cui si dice che in Italia, e specialmente al sud, non funziona niente”. Importanti pure gli spunti didattici, come sottolineato da Antonio: “abbiamo ripreso e ampliato nozioni di Immunologia. Mi è piaciuta l’iniziativa del Dipartimento, quindi credo che verrò anche ai prossimi incontri”. 
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