Una tartaruga marina recupera la vista grazie all’Ospedale Veterinario

Una tartaruga marina di circa 15 anni ha recuperato la vista grazie ad un delicato intervento chirurgico effettuato alcune settimane fa presso l’Ospedale Veterinario Universitario Didattico del Dipartimento di Veterinaria. L’operazione è stata effettuata dai professori Barbara Lamagna ed Andrea Affuso. Ettore, questo il nome attribuito al rettile marino, era stato recuperato su una spiaggia pugliese la scorsa estate ed era arrivato completamente cieco al Centro Ricerche della Stazione Zoologica diretto da Sandra Hochscheid. Approfondite indagini hanno consentito di appurare che il problema era stato causato da un grave processo infiammatorio con compromissione delle ghiandole del sale, che servono alle tartarughe marine per smaltire il sale in eccesso
che assorbono. L’infiammazione aveva coinvolto entrambi gli occhi (con lesioni più gravi localizzate all’occhio sinistro) ed aveva provocato la totale cecità. Un accurato esame ecografico, realizzato presso il Centro Interdipartimentale di Radiologia Veterinaria della Federico II dal prof. Leonardo Meomartino e dalle dott.se Giuseppina Mennonna e Carla Murino, ha consentito di verificare la fattibilità e le condizioni per poter intervenire. Ettore, quindi, è stato sottoposto al delicato intervento chirurgico, eseguito da Lamagna e da Affuso, in collaborazione con le dott.sse Fabiana Micieli ed Angela De Rosa. L’operazione è durata circa due ore. Sono state rimosse le aderenze che si erano formate tra i tessuti congiuntivali delle palpebre e la cornea ed è stata asportata una grande quantità di tessuto infiammatorio nella zona retrobulbare, laddove sono presenti le ghiandole del sale. La tartaruga sta bene, ma soprattutto ha recuperato la vista, almeno per quanto riguarda l’occhio destro. “Non è certo il primo intervento – racconta il prof. Gennaro Fatone, direttore dell’Ospedale ed associato di Chirurgia – che effettuiamo sugli animali selvatici. Mi ricordo che una volta arrivò una gru coronata dallo zoo. Mi è capitato personalmente, anni fa, di intervenire su una scimmia con una frattura dell’omero. Operiamo con una certa frequenza le iguane, che ormai sono da considerarsi animali da compagnia a tutti gli effetti. Le stesse tartarughe marine sono non di rado nostre pazienti, perché abbiamo in atto una convenzione con la Stazione Zoologica. Capitano anche conigli e non c’è da stupirsi, perché sono roditori che sempre di più frequentano le case come animali da affezione”. È eterogenea, dunque, la platea dei pazienti – cani, gatti ed equidi sono la percentuale più rilevante – e questo richiede ai chirurghi
ed agli internisti un notevole eclettismo. “È evidente – sottolinea Fatone – che un conto è intervenire su un mammifero ed un conto è operare un rettile. Sono organismi diversissimi per struttura e fisiologia e per reattività ai farmaci, a cominciare da quelli dell’anestesia. Si cerca, per quanto possibile, di dedicarsi a specialità diverse. Non è un caso che, nell’ultimo semestre, il percorso didattico proponga agli studenti moduli professionalizzanti diversificati. Ci sta la clinica dei piccoli animali, degli animali da reddito e ci sta anche un modulo per animali esotici eselvatici. Si impiegano docenti specifici per queste attività”. Nell’Ospedale veterinario, che è nel complesso di via Delpino, l’attività chirurgica e quella ambulatoriale si svolgono cinque giorni su sette. C’è anche un pronto soccorso, ma di notte attualmente è chiuso. “Purtroppo – prosegue il prof. Fatone – patiamo ancora le conseguenze negative del crollo della palazzina che si è verificato un paio di anni fa. L’area è tuttora sotto sequestro e questo impedisce anche l’accesso ai locali di un edificio attiguo alla struttura che crollò. In questa fase abbiamo il day hospital fino alle 17.30 tutti i giorni e gli ambulatori aperti in mattinata. Stiamo lavorando per ripristinare quanto prima possibile tutte le attività. Il dissequestro dell’area del crollo, che dovrebbe avvenire entro qualche mese, potrebbe consentirci
di riattivare i ricoveri per i grandi animali, oggi sacrificati dalla circostanza che manca lo spazio adeguato e non è facile accedere alla sala operatoria. Ciononostante, peraltro, qualche giorno fa abbiamo effettuato un intervento su un asino”. I tempi di attesa per un intervento chirurgico a Veterinaria
non sono lunghi: “Mediamente per una chirurgia qui bisogna aspettare quattro, cinque o sei giorni. Se si tratta di urgenze, poiché ci occupiamo anche di emergenze come la spinale, interveniamo non appena arriva il paziente”. Prosegue: “Abbiamo circa 800 – 1000 cartelle cliniche nuove all’anno. A questo va sommata l’attività di controlli sugli stessi casi. Effettuiamo due o tre operazioni al giorno, per cinque giorni alla settimana. Poi ci sono le visite ambulatoriali. Gli strumenti dei quali disponiamo sono quelli necessari ad una struttura come questa. Ci sono quelli da sala operatoria: endoscopio, apparecchi di anestesia, bisturi elettrici, tac, ecografi, apparecchi radiologici. Poi le strumentazioni per il monitoraggio in terapia intensiva, come i monitor.
Ancora: erogatori di ossigeno, elettromiografo e così via”. Sono sufficienti? “Chiaramente in qualunque realtà si lavori serve sempre qualcosa. Riusciamo a fronteggiare le esigenze con quello che abbiamo. D’altronde siamo in fase di trasferimento al Frullone. L’appalto è già espletato ed i lavori dovrebbero iniziare nei prossimi mesi. Si spera che ci sarà un adeguamento anche delle attrezzature”. Si rivolgono all’Ospedale di Veterinaria strutture pubbliche come la Stazione Zoologica o il centro per i cani senza padrone del Frullone, e cittadini privati. Questi ultimi pagano a seconda del tipo di prestazione richiesta. Conclude Fatone: “Qui in ospedale vengono anche persone che trovano animali per strada e si sobbarcano l’onere economico di portarli qui. Esempi
splendidi di amore e generosità. Le situazioni più impegnative emotivamente sono, però, quelle relative agli animali che sono entrati in famiglia perchè ci sta un problema relativo ad un bimbo o ad un altro componente del nucleo familiare. Il caso tipico è quello di un handicap. Ricordo anche il particolare senso di responsabilità quando da noi arrivano i cani per non vedenti. Noi tutti ben sappiamo quanto questi animali siano indispensabili ai padroni e quanto sia stretto il legame che si crea tra uomo e cane in questi casi”.
Fabrizio Geremicca
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