Dissenso militare negli Stati Uniti, a L’Orientale la testimonianza di Russell Hoitt

“L’Orientale è stata sempre una sede animata da spirito critico con aperture verso l’estero e curiosità nei confronti degli atteggiamenti ufficiali dei governi, soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale”, così spiega il prof. Gordon Poole, docente di Letteratura Anglo-americana, il senso dell’incontro “American Voices of Dissent -from Vietnam to Afghanistan” che si è svolto il 14 febbraio a Palazzo Giusso. L’evento si è aperto con la proiezione del documentario “Sir! No Sir!”, regia di David Zeiger. Ha presentato il dott. Philip Rushton, lettore di lingua inglese, che più volte si è occupato di queste tematiche, infatti è autore del libro “Riportiamoli a casa: il dissenso militare nelle forze armate statunitensi” sul movimento delle famiglie americane contro la guerra in Iraq. Il documentario ha trattato del “G.I. movement”, la pacifica resistenza dei soldati americani contrari alla guerra in Vietnam. Il loro strumento di protesta era la diserzione, voce di dissenso contro ordini ineseguibili. Tra il 1966 e il 1971, racconta il film di Zeiger, il Pentagono registrò più di mezzo milione di casi di diserzione e interi battaglioni di soldati che si rifiutavano di scendere in battaglia. Storie raccontate dalla voce di chi le ha vissute e da immagini di repertorio che spiegano il ruolo fondamentale giocato dal G.I. movement nella fine della guerra in Vietnam. Ora, con l’America che dopo l’11 settembre ha invaso l’Iraq, iniziando un’altra discutibile guerra, la storia di migliaia e migliaia di soldati che si sono opposti a una guerra sbagliata è tornata più che mai attuale. Lo dimostra la testimonianza che, subito dopo la proiezione, ha portato Russell Hoitt,  ventiquattrenne ex militare USA. “Mi sono arruolato perché credevo che ci saremmo battuti per la liberazione di popoli oppressi  e contro il terrorismo”. Poi, ascoltando i racconti dei suoi colleghi, di ritorno dall’Iraq o dall’Afghanistan, dei crimini di guerra che avevano visto o commesso in quei luoghi, si è ricreduto. Dice: “non si può portare la pace con l’orrore, uccidendo civili disarmati senza motivo. Così ho deciso di allontanarmi dall’attività militare, in uno stato di awol, durato sei mesi in cui ero suscettibile di arresto e di processo presso la Corte marziale. Fortunatamente sono venuto a conoscenza di organizzazioni del movimento contro la guerra. Mi hanno aiutato e, sotto loro consiglio, mi sono consegnato alla base militare Fort Sill in Oklahoma, evitando il carcere e ottenendo il congedo”. Il suo non è stato un caso isolato. Nella base di Vicenza in cui era arruolato, le diserzioni sono state cinque e tre di loro sono stati processati. In totale, dall’inizio della guerra in Iraq, le stime ufficiali parlano di 6000 diserzioni, quelle ufficiose di 25mila. Ora come dice il prof. Poole “il dissenso di una persona è una scelta, un salto che crea un cambiamento esteriore ed interiore” come per questo ragazzo che non vuole ritornare negli Stati Uniti, ma continuare a portare la sua testimonianza in altri paesi; però nel momento in cui, come dimostra il caso del Vietnam, il dissenso coinvolge la maggioranza, allora il corso della storia potrebbe anche essere cambiato. 
Domenica Mosca
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