Dottorati: “il mercato dei cervelli deve essere libero in entrata e in uscita”

“L’Università italiana? Un sistema mafioso imperfetto dove si decide la carriera di un giovane. Mi riferisco principalmente ai dottorati, dove le borse le vincono al 90% i fedeli alla causa, contro un 10% di meritevoli. Questo accade perché i Rettori gestiscono il potere, non il sapere, la premialità di quest’ultimo interessa a pochi”, esordisce il prof. Benedetto De Vivo, che denuncia l’intero sistema di reclutamento docenti nel nostro Paese, iniziando dal suo Dipartimento di Scienze della Terra. “Il concorso di dottorato dovrebbe essere privo di vincoli, invece, durante la selezione, incidentalmente capitano candidati di professori in Commissione, tant’è vero che si litiga per entrarci. L’ipocrisia è alla base di questo sistema in cui logiche corporative lavorano per i propri interessi. Ci si trova davanti al paradosso: chi produce tanto da permettere fondi per sette borse, viene escluso dalla possibilità di usufruire anche di una sola di esse”, prosegue. Dei ventuno dottori di ricerca con il prof. De Vivo: “posso annoverare docenti che oggi lavorano presso i migliori Istituti Scientifici al mondo: University of California Los Angeles, Università di Bristol, Virginia Tech, CDM di Cambridge. University of Shenzhen, per non parlare degli operanti in Italia: all’Osservatorio Vesuviano di Napoli, al Ministero dell’Ambiente, all’Università del Sannio ed alla Federico II. Questa è un’informazione importante che non viene divulgata per tutelare alcuni settori”. Si sta infatti battendo per posti liberi …
 
Articolo pubblicato sul nuovo numero di Ateneapoli in edicola (n. 19/2014)
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