Errori di ortografia al concorso in Magistratura

Riscuotere scritto con la q, qual è con l’apostrofo, cmq al posto di comunque. Sono alcuni degli errori-orrori al centro della recente polemica sul livello di preparazione degli aspiranti magistrati che, al concorso per 380 posti da poco conclusosi, hanno fatto una magra figura. Hanno presentato domanda di partecipazione in 43.000, un record; si sono presentati alle prove scritte in 6.000; hanno consegnato i compiti 4.000 candidati. Risultato: solo l’8,53% di coloro che hanno consegnato è stato ammesso all’orale. E ben 58 dei 380 posti banditi sono rimasti vacanti. Il giudice della Corte d’appello Matteo Frasca, membro della Commissione, ha segnalato, in un articolo comparso sul sito del Movimento per la Giustizia, la mancanza nei candidati di una precondizione per la partecipazione al concorso: la conoscenza della lingua italiana. I temi che ha corretto erano pieni di verbi sbagliati, errori di grammatica e di ortografia. 
Una notizia sconcertante, che qualcuno però si aspettava da tempo. La prof.ssa Silvia Zoppi, docente di Lingua italiana e scrittura di testi giuridici alla Facoltà di Giurisprudenza del Suor Orsola Benincasa, da ben quattro anni constata quotidianamente quanta poca dimestichezza gli aspiranti giuristi hanno con l’italiano scritto. “L’esperienza mi dice che di fronte ad una notizia del genere non ci si deve meravigliare più di tanto”. E conferma che gli studenti di Giurisprudenza hanno “gravi incapacità grammaticali, sintattiche, lessicali, ortografiche”. 
La prof.ssa Zoppi, 43 anni, romana, laureata a La Sapienza, dove è professore associato di Letteratura italiana e insegna Scrittura critico-argomentativa, è titolare dell’unico corso di Lingua italiana attivo presso una Facoltà giuridica. In concomitanza con l’entrata in vigore dell’ordinamento didattico 3+2, propose l’introduzione di questo insegnamento sia al Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione che al Corso di Laurea in Scienze Giuridiche. “Ne parlai con il Rettore dell’Università Suor Orsola, il prof. Francesco De Sanctis – racconta – e ci furono molti colloqui prima che la proposta fosse accolta. Essendo un filosofo del diritto, il prof. De Sanctis ha sempre dato grande importanza al significato delle parole nel diritto. Inoltre al Suor Orsola c’è un centro di eccellenza sul lessico giuridico”. Proprio questa attenzione della Facoltà giuridica orsolina per il linguaggio giuridico e i suoi significati ha dato la spinta ad un esperimento del tutto nuovo, in cui il Preside Franco Fichera crede moltissimo. “Il Preside cerca di sollecitare il più possibile gli studenti alla scrittura – dice la prof.ssa Zoppi – infatti ha previsto che esercitazioni scritte si tengano anche durante i vari corsi di diritto. Il suo è un progetto globale, che coinvolge tutte le discipline. Del resto, quale professionalità si serve della lingua scritta più di quella giuridica?”.
Gli studenti 
“ripetono la prova
anche 7 volte”
Il corso di Lingua italiana e scrittura di testi giuridici, da quattro crediti, si presenta come un corso di base, più orientato a migliorare la confidenza degli allievi con l’italiano scritto che a trasmettere vere e proprie tecniche di redazione di atti giuridici. E’ semestrale, ma prosegue in realtà tutto l’anno, come spiega la docente. “Invece di fare tre ore settimanali per sei mesi, ne facciamo due per tutto l’anno, più altre due ore a settimana di esercitazioni. La denominazione del corso è ambiziosa, ma di fatto alla scrittura di testi giuridici non ci si arriva. Partiamo dai requisiti della scrittura, affrontiamo i temi della differenza tra la lingua scritta e quella parlata, della connessione sintattica, della coerenza logica del testo, ci soffermiamo sulla punteggiatura, sull’ortografia… La redazione di atti o di pareri viene insegnata successivamente, alla Scuola di specializzazione per le professioni legali, dove la prof. Mariavaleria Del Tufo tiene il corso di Tecnica della scrittura giuridica. Per me è già un successo rendere gli studenti consapevoli della difficoltà di scrivere”. Perché, a quanto pare, i ragazzi non riescono a rendersi conto delle loro carenze. Pensano di andare bene così e trovano il corso di Lingua italiana particolarmente pesante. “E’ un insegnamento che non si aspettano. Si ritrovano a studiare cose che avevano abbandonato alle elementari e si sentono sminuiti per questo. All’inizio affrontano il corso con superficialità e così non riescono a superare la prova di idoneità finale. Arrivano a ripeterla fino a sette volte, oppure la trascinano fino al quarto anno”. Che tipo di esercitazioni sono chiamati a svolgere gli studenti? “Partiamo dagli elementi di base della comunicazione: mittente, destinatario e messaggio. Sottolineo loro che chi scrive deve aver presente chi legge, perché tutto il testo scritto viene creato in funzione di chi leggerà. Gli studenti, invece, scrivono pensando di dover far bella figura e usano parole difficili senza inserirle nel contesto adeguato. La prima esercitazione, dunque, consiste nella redazione di una lettera formale. Poi si passa al riassunto, che è fondamentale per il lavoro di sintesi, nel quale i ragazzi trovano molta difficoltà. Infine, c’è la riscrittura di testi complessi, che vanno semplificati. La semplificazione di testi complessi è un esercizio che facevano i funzionari delle pubbliche amministrazioni per abituarsi a rendere più semplice il linguaggio burocratico, diverso da quello giuridico ma ad esso molto affine”. 
“Scrivere è un’abilità
che si affina con
l’esercizio e
con il tempo”
Quali sono gli errori che gli allievi commettono più frequentemente? “Hanno problemi non solo con l’ortografia, ma anche con la costruzione logica del testo. Mentre le lacune ortografiche si possono colmare abbastanza facilmente, il problema dell’impostazione logica è di più difficile soluzione. Richiede tempo, mentre invece oggi i ragazzi sono abituati ad andare di fretta. Hanno disimparato a leggere e non riescono a capire fino in fondo il significato di ciò che leggono. Così, non sanno neppure restituirlo in maniera fedele. Sono incapaci di individuare gli errori commessi, affetti da una sorta di inconsapevolezza. Il successo di questo corso si verifica quando finalmente si rendono conto che scrivere è un’abilità che si affina con l’esercizio e con il tempo”. Ha un consiglio da dare loro? “Devono essere più umili”. 
La cura che il Suor Orsola ha per questo aspetto della formazione dei suoi studenti trova espressione anche attraverso specifici eventi sul tema, come la giornata di studi sull’insegnamento dell’italiano nelle Facoltà giuridiche in programma a maggio, alla quale parteciperanno sia giuristi che linguisti. 
Sara Pepe
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