Gaetano Manfredi racconta la sua esperienza da Ministro

È entrato in carica il 10 gennaio 2020, quando ancora non si poteva immaginare cosa sarebbe accaduto di lì a pochi giorni con l’esplosione di una emergenza sanitaria mondiale. Il prof. Gaetano Manfredi, ex Rettore della Federico II, è stato Ministro dell’Università del Governo Conte in uno dei momenti più duri della storia del Paese. È partito da zero, ha dovuto creare dal nulla un Ministero perché l’Università in precedenza era accorpata al dicastero dell’Istruzione. Mancavano anche stanze e scrivanie. Dopo pochi giorni di intenso lavoro, progetti ed iniziative varate a sostegno del mondo accademico sono state tantissime, al punto da indirizzare al mondo universitario il più grande finanziamento degli ultimi venti anni. Del mandato concluso a febbraio, Manfredi dice: “È stata un’esperienza bellissima, l’opportunità di dare un contributo al Paese in un momento così difficile è straordinaria. Dopo un sforzo iniziale per dar vita al Ministero, la pandemia, però, ha stravolto i progetti e da subito abbiamo concentrato tutte le energie sull’emergenza. A pochi giorni dall’insediamento, per esempio, c’era la necessità di far rientrare gli studenti Erasmus e in mobilità dalle varie sedi estere, alcuni si trovavano in Cina. Al Ministero arrivavano tantissime telefonate ed e-mail di richiesta di aiuto da parte delle famiglie e degli stessi studenti che non riuscivano a rientrare in Italia. Un momento drammatico. Grazie alle relazioni con i colleghi dei Paesi coinvolti siamo riusciti a far rientrare tutti in poco tempo”.
“Situazione drammatica” nei primi giorni dell’epidemia
L’arrivo del virus in Italia. Il racconto di Manfredi ripercorre momenti drammatici. “Il giorno in cui è esplosa l’epidemia a Codogno, mi trovavo ad una conferenza. Il Rettore dell’Università di Bergamo mi comunicò che in città giravano solo ambulanze, la situazione era drammatica. La sera emanammo i primi provvedimenti in Consiglio dei Ministri”. Sono stati mesi molto impegnativi: “l’emergenza ci ha costretti a prendere decisioni molto dure come la chiusura delle Università, proprio un anno fa, nei primi giorni di marzo. Fu una scelta molto difficile. Nei giorni precedenti mi ero consultato con colleghi Ministri di altri Paesi, non c’era percezione di pericolo, si riteneva che un provvedimento di chiusura fosse sbagliato. Decidemmo, invece, di chiudere in tutta Italia, anche al Sud dove casi non ce n’erano. È stata una scelta che ci ha consentito di salvare il centro-sud dalla prima ondata epidemica. Eravamo assolutamente impreparati a fronteggiarla”.
Università chiuse ma con lezioni ed esami a distanza. Ampia parte del mondo accademico non ha mai visto di buon occhio la dad. Però, salvo qualche iniziale problema organizzativo, il sistema ha retto. “C’è stata una risposta importante delle Università e la cosa mi ha reso particolarmente orgoglioso, il mondo accademico ha dimostrato quello che ho sempre creduto, cioè che è una delle istituzioni più sane e vive del Paese, lo si è dimostrato nei fatti, c’è stato l’impegno di tutti. È stato garantito agli studenti di poter seguire le lezioni, sostenere esami, laurearsi. Per rendere possibile tutto questo abbiamo dovuto emanare decine e decine di provvedimenti per adattare tutte le norme alla didattica a distanza, esami, esami di Stato. Provvedimenti che normalmente si realizzano in tanti anni io li ho fatti in pochi mesi”.
Allargamento della no tax area
L’evoluzione è stata poi la didattica in blended, cioè la possibilità di avere un sistema flessibile con didattica in aula e a distanza in contemporanea: “abbiamo investito sulle infrastrutture informatiche delle aule ed ha funzionato. Gli Atenei italiani si sono adeguati e questo ha consentito di cominciare a sperimentare una modalità che resterà, una esperienza che in futuro non sarà accantonata ma andrà ad incrementare l’offerta formativa”.
L’estate scorsa la chiusura di aziende, la mancanza di lavoro, le casse integrazioni hanno fatto ipotizzare un crollo delle immatricolazioni universitarie. Gli interventi messi in atto, invece, hanno consentito di mantenere invariato, e in qualche caso addirittura aumentare, il trend degli iscritti. “La pandemia non ha fermato la voglia di studiare, la crescita c’è stata  su tutto il territorio nazionale, le misure adottate dal Governo, ad esempio l’allargamento della no tax area, hanno funzionato. Con la legge di bilancio approvata abbiamo pensato anche al futuro con l’incremento di 165 milioni per la riduzione delle tasse e di 70 milioni per le borse di studio. È indispensabile puntare all’aumento dei laureati con competenze adatte a gestire le grandi trasformazioni che stiamo vivendo”. L’area medica: “per rispondere in modo mirato alle esigenze del Paese, nel 2020 abbiamo aumentato di 1.500 i posti di accesso a Medicina e di 1.000 posti a Scienze infermieristiche. Sono stati poi incrementati del 60% i posti nelle Scuole di specializzazione e dovrebbe essere così anche nel 2021. Il vero tema però è la programmazione: i risultati delle nostre azioni sull’incremento dei medici li avremo tra 10 anni”.
“Il più grande finanziamento all’Università negli ultimi venti anni”
Superata la prima fase critica si è, poi, passati a lavorare al futuro, agli investimenti. “Siamo intervenuti sui ricercatori con il piano straordinario, l’avanzamento di carriera, il finanziamento ordinario agli Atenei. Abbiamo fatto un investimento di quasi un miliardo in più come spesa corrente e un miliardo e mezzo come spesa di investimento. È stato il più grande finanziamento all’università negli ultimi venti anni. Risorse che hanno aiutato le Università ad essere più robuste nella crisi. La vera sfida è capire come l’Università affronterà la post-pandemia, sarà un mondo molto diverso rispetto a quello che abbiamo vissuto fino ad oggi, anche perché determinate abitudini che abbiamo acquisito in questo periodo resteranno”. Lo sforzo da fare in questi mesi è “progettare il post pandemia. Sicuramente l’Università sarà più digitale, saranno modificate in maniera significativa le modalità didattiche, la presenza sarà diversa rispetto a quella di prima. Anche  la pianificazione della ricerca sarà diversa, ci si adeguerà al cambiamento enorme che c’è nella società nell’economia del futuro”.
Per una Università competitiva occorre una programmazione a lunga scadenza e un particolare sostegno a studenti e ricerca. I tempi della politica non sempre sono adeguati. Manfredi non è d’accordo. “Nella legge di bilancio approvata poche settimane fa – dice – ci siamo impegnati per garantire e allargare il diritto allo studio a sostegno di giovani e famiglie, costruire un’Università più inclusiva e abbattere le differenze sociali.  Per questo motivo abbiamo stanziato 277 milioni per il Diritto allo studio”. Le nuove tecnologie e grandi sfide globali, “come l’Intelligenza Artificiale e i Big Data, sono stati centrali nella nostra missione sulla ricerca. Si tratta di una sfida con i partner europei e con gli altri attori globali rispetto alla quale l’Italia potrà essere protagonista solo attraverso programmazione certa e capacità di fare rete lavorando come una grande squadra nazionale”.
L’Università ed il ruolo che dovrà avere nel Paese. “Il ruolo sociale dell’università cambierà, oggi abbiamo un mondo fatto da tante persone  singole, l’Università deve diventare, invece, un grande aggregatore, un luogo di dibattito. Occorrono nuovi modi di connessione e l’Università si deve candidare a fare questo con qualità. Deve avere un ruolo importante anche nella ripartenza dell’Italia, ha bisogno di una classe dirigente diffusa, una maggiore partecipazione consapevole dei cittadini, una nuova impresa competitiva. Un ruolo che sarà ancora più importante nel Mezzogiorno dove aree disagiate, pezzi della società più deboli, pagano il prezzo più alto. Dobbiamo essere in grado di fare una politica di rilancio del Sud e le Università hanno una funzione fondamentale. I giovani saranno il vero motore di questa ripartenza”.
La transizione al digitale
La crisi del Mezzogiorno, sottolinea Manfredi, “è essenzialmente di capitale umano e di giovani, senza giovani di qualità che lavorano nel territorio non ci può essere crescita economica. Il vantaggio della società digitale è la maggiore dematerializzazione delle attività, questa può essere una opportunità ma anche un rischio di incremento della migrazione. La vera scommessa è riuscire a utilizzare questa grande transizione al digitale ma anche alla sostenibilità ambientale, come strumento per ridurre il divario del Mezzogiorno. Questa è la missione per i prossimi mesi, è una sfida molto complessa ma le potenzialità ci sono. Le sfide si vincono se c’è un impegno collettivo, se ci sono tante persone che credono in questa cosa”.
Dell’esperienza governativa cosa è rimasto al prof. Manfredi? “Quello che ho capito è che la storia del Paese è fatta da tante storie individuali, occorre attenzione alle persone. Un Paese che si rispetti si preoccupa di tutti i suoi cittadini, non lascia nessuno da solo”.
 
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