MPC DAY 2016 – Presentazione del Corso di Studio in “Management del Patrimonio Culturale”

Risposte concrete all’esigenza di formare figure professionali in evoluzione. Questo è il tratto distintivo del corso di studio magistrale in “Management del Patrimonio Culturale” che sarà presentato alla comunità degli stakeholder interessati (studenti, istituzioni, operatori) venerdì 23 settembre alle ore 11 nella monumentale cornice del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
L’incontro sarà introdotto da Paolo Giulierini, direttore del MANN, e da Edoardo Massimilla, direttore del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Napoli Federico II, nella cui offerta didattica è inserito il Corso. Insieme al nuovo coordinatore, il prof. Francesco Bifulco, e ad alcuni dei docenti di riferimento del corso (Stefano Consiglio, Daniela Savy, Isabella Valente), saranno protagonisti in veste di testimonial di questo MPC DAY 2016 anche cinque giovani laureati (Francesco Maccarrone, Alessandro Manna, Domenico Matania, Emiliana Mellone, Alessia Tramontano) già inseriti in specifiche attività lavorative attinenti al patrimonio culturale (project planner, imprenditore, consulente, curatore, info-mediario). Un ulteriore contributo sarà portato dal presidente dell’Associazione Nazionale Manager Culturali, osservatorio privilegiato che rappresenta in Italia un unicum aggregativo di ex-studenti nato da alcuni anni proprio tra i banchi dell’ateneo federiciano.
Il nuovo ciclo del corso di studio, il cui inizio è previsto dal prossimo mese di ottobre, eredita i positivi risultati ottenuti sotto la guida del prof. Stefano Consiglio che ha da poco passato il testimone al prof. Francesco Bifulco, docente di economia e gestione delle imprese, esperto di cultural services management e responsabile scientifico di Ateneo dei progetti di ricerca SNECS-CHIS del Distretto ad alta tecnologia per i beni culturali (DATABENC).
 
Ma approfondiamo i tratti distintivi della proposta formativa.
 
Prof. Bifulco perché è così sentita l’esigenza di questa figura professionale?
Per rispondere al quesito è necessario chiarire che il manager del patrimonio culturale si occupa della sua valorizzazione in senso ampio, tutelandone la natura al fine di conseguire una corretta gestione, un’efficace comunicazione e una sostenibile fruizione dello stesso. In Europa è una figura professionale presente da tempo, mentre in Italia a non darne piena legittimazione resiste ancora qualche “titubanza ideologica”. A conferma di quanto detto, possiamo notare come alla direzione degli istituti culturali sono delegati troppe volte soggetti con specifiche competenze scientifiche che, tuttavia, sono preoccupati più della conservazione che dell’effettiva valorizzazione del portafoglio risorse detenuto.
Il paradosso è che la caratteristica del nostro territorio è di essere ad alta densità di cultural heritage, una sorta di enorme “museo diffuso”. Infatti, ogni comune possiede almeno una piccola dotazione di esso, abbracciando quasi tutte le diverse tipologie di patrimonio tangibile (storico, artistico, archeologico, paesaggistico) ed immateriale (tradizioni, simboli, vissuto identitario) che corrisponde ad una significativa potenzialità quanto ad offerta turistica ed occupazionale. Le organizzazioni che impiegano personale qualificato sono ancora troppo poche. Gli altri enti/imprese culturali scontano carenze di organico dal punto di vista sia quantitativo che qualitativo. Il problema riguarda soprattutto la qualità dei servizi erogati. Non essendoci dei veri e propri requisiti minimi, non sembra necessario avere risorse umane qualificate, utilizzando spesso un volontariato specializzato o, addirittura, affidandosi a personale non formato.
Per tali motivi urge trovare un punto di contatto tra approcci così distanti e, a questo proposito, le recenti riforme ministeriali, relative alla direzione degli istituti museali statali, cominciano ad innovare in tale ottica.
 
Che preparazione deve avere tale figura professionale?
Prioritariamente deve possedere una formazione universitaria magistrale interdisciplinare (mix di conoscenze umanistiche e manageriali) tipica dei contesti cognitivi ibridi. In Italia sono presenti pochi corsi di studio facenti parte della classe di laurea LM-76 (Scienze Economiche per l’ambiente e la cultura) che dedicano la propria attenzione alla gestione del patrimonio culturale; gli altri si limitano ad avere obiettivi formativi specialistici, inserendo solo alcune discipline di “contatto” tra quelle opzionali a scelta dello studente.
Un ulteriore paradosso riguarda i master e le scuole di specializzazione che sono addirittura più numerosi dei corsi universitari, evidenziando un esiguo numero di proposte che prevedono tra i requisiti d’accesso una laurea triennale affine. Infine, ai percorsi universitari post-laurea, si affiancano discutibili proposte di enti formativi privati che spesso si offrono a tariffe più economiche e fruibili on-line, promettendo i medesimi sbocchi lavorativi pur essendo destinati anche a chi detiene solo il diploma di scuola media superiore.
 
Quali peculiarità esprime il percorso didattico del Corso di Studio che presentate?
L’obiettivo è la formazione di laureati che possiedano un’adeguata preparazione specifica di tipo economico, aziendale e giuridico, insieme con buone conoscenze teoriche e applicate degli ambiti storico-artistici, archeologici, librari, dello spettacolo, della comunicazione visiva, in modo che siano in grado di progettare e gestire iniziative ed eventi, co-dirigere istituzioni culturali, organismi territoriali o imprese (associative, cooperative, di capitali) dedite alla valorizzazione del patrimonio culturale, utilizzando almeno un’altra lingua dell’Unione Europea, oltre l’italiano.
La struttura metodologica del percorso formativo intreccia modelli e tecniche, offrendo competenze scientifiche e professionalità d’alto profilo in grado di trasmettere agli studenti conoscenze specifiche. La didattica si realizza attraverso lezioni in aula e in laboratorio, integrate da attività di tutorato, con ampio ricorso a metodologie didattiche di tipo interattivo (esercitazioni, analisi di casi, project work), oltre che seminari con referenti istituzionali, manager, imprenditori e consulenti.
Inoltre, gli studenti hanno l’opportunità di impegnarsi in tirocini presso enti ed imprese convenzionate, allo scopo di acquisire una conoscenza diretta delle problematiche in essi quotidianamente affrontate. Tali esperienze possono poi essere anche volano per la realizzazione sinergica di tesi sul campo, che stimolino lo studente a cimentarsi con lo studio e la sperimentazione in situazioni reali.
 
Quali possibilità di impiego per i futuri laureati?
Concrete e differenti, essendo la figura professionale compatibile con diverse tipologie di istituto culturale (musei, biblioteche, archivi, parchi archeologici, imprese sociali, ecc.), nelle quali si può occupare di pianificare interventi di conservazione preventiva e progetti di valorizzazione, di ampliare l’accessibilità ai siti, di valutare il gap tra servizi erogati e percepiti, di ricercare finanziamenti attraverso bandi competitivi o fund-raising. In questa direzione, si punta ad ampliare gli effetti delle occasioni di inserimento, destinando un rilevante impegno al rafforzamento delle attività di placement per i laureati, attraverso solide partnership con operatori della filiera del patrimonio culturale. 
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