Pica Ciamarra e il progetto

“Il progetto richiede un forte desiderio di futuro, una interazione costante tra la teoria e la pratica, la collaborazione e l’intesa tra chi lavora ad esso”. Parole del prof. Massimo Pica Ciamarra, il quale di progetti ne ha realizzati tanti, anche in ambito universitario. Suoi, per esempio, i progetti per la Biblioteca S. Giorgio a Pistoia, per la Facoltà di Medicina a Caserta, per il Museo del Corpo umano a Città della Scienza. Sabato 15 dicembre ha presentato a Palazzo Gravina “Fuori, dentro l’università”, un libro che è anche una sorta di manifesto di quello che, secondo il docente, significa per un architetto creare spazi, immaginare luoghi, proporre idee. “Di un testo si è responsabili da soli”, ha detto l’architetto ai suoi colleghi (molti) ed agli studenti (pochi) che lo ascoltavano, “ma le trasformazioni dell’ambiente derivano da partnership diverse e complesse. Un punto essenziale è la dialettica con il committente. Paradossalmente per un progettista è sostanziale la dinamica che si instaura con chi si occupa di altro”. Il compito di un buon progettista, secondo Pica Ciamarra, “è di creare luoghi che facciano comunicare le persone”. Sulle spalle di chi progetta, ha avvertito il docente di Progettazione, gravano forti responsabilità, perché “l’assenza di qualità nell’architettura produce danni economici e sociali. L’Università deve insegnare la cultura del progetto ed anche quella della responsabilità, la capacità di comprendere che una cattiva opera architettonica è un luogo dove si vive, si studia o si lavora male. E’ un danno all’intera collettività”. 
Il prof.Francesco Bruno, che è stato allievo di un giovanissimo Pica Ciamarra, all’epoca assistente del professore Capobianco, ha raccontato alcuni episodi che li hanno visti protagonisti, in occasione di un viaggio di studio a Parigi. “Incontrammo Le Corbusier, entrambi emozionatissimi, ma il maestro, devo dire alquanto scorbutico, ci liquidò in due battute e ci lasciò fuori la porta di casa. A Parigi andammo assieme alla conquista di Maison Carrè, che raggiungemmo incamminandoci dal basso di una collina. Ricordo l’esplosione del grande soggiorno, il quadro di Picasso. Vien voglia di progettare, esclamò Pica Ciamarra e devo dire che ha mantenuto fede a quella esclamazione”.  Secondo il prof. Antonio Lavaggi, Ciamarra incarna la figura dell’architetto che, proprio grazie all’impegno di progettista esterno all’università, porta esperienze e valore aggiunto agli studenti dei corsi. “Sono uno di quelli”, ha sottolineato, “che ha sempre ritenuto importante il dialogo tra l’università ed il fuori. Mi risulta strano e difficile immaginare che un docente di Progettazione possa insegnare agli allievi se non ha mai visto concretamente due pietre una sull’altra, in un cantiere. Dal dialogo tra ciò che è dentro l’università e ciò che è fuori di essa, traiamo alimento per migliorare costantemente la didattica e la ricerca”. Obiettivo: promuovere quella qualità diffusa dell’architettura di cui, lo ha sottolineato il Preside Benedetto Gravagnuolo, c’è grande bisogno, in Italia.      
Fabrizio Geremicca
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