Barbara Polidoro, giovane ingegnere strutturale, racconta la sua esperienza professionale in Inghilterra

Una laureata che lavora in Inghilterra, Barbara Polidoro, sarà l’ospite di un incontro promosso il 7 aprile, mentre Ateneapoli va in edicola, dal Dipartimento di Ingegneria strutturale. Presenterà la società nella quale è stata assunta alcuni mesi fa, che si chiama Arup, e racconterà come è stato il suo post lauream e quali opportunità le si sono presentate. Polidoro si è laureata in Ingegneria Strutturale e Geotecnica ed ha poi conseguito nel 2014 il dottorato di ricerca in rischio sismico, discutendo una tesi sulla valutazione del rischio sismico con modelli di pericolosità e vulnerabilità. Ha inoltre lavorato presso la società di ingegneria Mott McDonald, a Londra, e come consulente per Shell/NAM riguardo problemi di sismicità indotta da estrazione di gas nei Paesi Bassi. “Abbiamo invitato l’ingegnere Polidoro – spiega il prof. Raffaele Landolfo, Direttore del Dipartimento di Strutture per l’Ingegneria e l’Architettura – perché abbiamo con Arup un accordo per tirocini e perché è sempre interessante, per chi è alle prese con le difficoltà della laurea in Ingegneria, ascoltare consigli e suggerimenti da parte di chi ha già tagliato il traguardo ed ora lavora in un contesto nel quale può mettere a frutto le competenze acquisite durante il percorso universitario”. Ateneapoli ha intervistato Barbara Polidoro alla vigilia dell’incontro del 7 aprile. Quanti anni ha? Quando si è laureata e quale è stato l’argomento della sua tesi? “Ho 33 anni. Mi sono laureata in Ingegneria strutturale e geotecnica nel 2010 discutendo la tesi dal titolo ‘La valutazione della vulnerabilità’ sismica: il caso di Pettino”. Come si è orientata nella ricerca del lavoro? “Dopo la laurea ho intrapreso il dottorato in Rischio sismico, che ho terminato nel 2014. Ho trovato lavoro a Londra presso la società di ingegneria Mott McDonald (tramite un reclutatore inglese) ricoprendo il ruolo di sismic hazard specialist. Ho lavorato presso questa azienda per un anno, a seguito del quale Julian Bommer (noto esperto mondiale nel settore sismico) mi ha offerto di entrare a far parte del suo gruppo come consulente per Shell/ NAM su problemi di sismicità indotta da estrazione di gas nei Paesi Bassi. Ho operato su questo progetto per circa un anno e mezzo, sviluppando curve di fragilità per diverse tipologie strutturali. Infine, sono giunta ad Arup a settembre dell’anno scorso”. Come è stata assunta da Arup? “Semplicemente inviando il mio curriculum vitae all’esperta di pericolosità sismica del gruppo di sismica della società. Ha ritenuto che il mio background ed il mio curriculum fossero interessanti e mi ha permesso di sostenere un colloquio, al termine del quale mi è stato offerto il lavoro”. Di cosa si occupa attualmente? “La valutazione della pericolosità sismica rappresenta sicuramente la mia principale attività lavorativa. In particolare, relativamente ai siti di impianti nucleari. Continuo, però, anche a lavorare su temi relativi alla valutazione della vulnerabilità sismica di edifici appartenenti a diverse tipologie strutturali”. Facciamo un passo indietro e vesta di nuovo i panni di studentessa. Quale è stato per lei l’esame più ostico? “È stato probabilmente Elementi di elettromagnetismo, perché un po’ più distante dai temi in genere trattati nell’ambito dell’ingegneria civile”. I corsi che più degli altri la appassionarono? “Uno dei miei esami preferiti è stato Teoria e progetto delle costruzioni in cemento armato, con il professore Cosenza. Ho adorato allo stesso modo Fondamenti di ingegneria sismica, con il professore Ramasco. Tuttavia, sarebbe ingiusto non citare gli esami di Scienza delle costruzioni (il docente era il prof. Pasquino), Tecnica delle costruzioni (con il professore Verderame) ed Elementi di geotecnica (Urciuoli era il docente) perché hanno rappresentato le basi fondamentali della mia formazione universitaria”. Il 7 aprile incontrerà a Napoli i futuri ingegneri. Cosa dirà loro? “Racconterò la mia esperienza e risponderò alle domande. Suggerirò loro di avere costanza, senso del sacrificio e passione per ciò che studiano. Ripeterò loro, ma immagino lo sappiano bene, che è fondamentale seguire le lezioni, perché ciò che si apprende durante un corso non sarà mai come studiare dagli appunti di qualche collega. Seguire i corsi permette un continuo confronto con i propri colleghi e con i professori e questo rappresenta un’enorme opportunità di crescita personale e professionale”.
Fabrizio Geremicca
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