A Professioni Sanitarie per il desiderio di prendersi cura delle persone

C’è chi ha una mente più logico-analitica e, nel futuro, si vede in occhiali e guanti da laboratorio a confrontare campioni e leggerne i dati; chi invece considera il suo prossimo prezioso e quindi da preservare; qualcuno legge dentro di sé, dove conserva un’esperienza poco piacevole del passato, e si impegna per capire cosa sia accaduto al proprio corpo e come correggere il problema. Le Professioni Sanitarie sono un intreccio di storie e motivazioni diverse, più immediate o recondite a seconda dei casi, esattamente tante quanti sono i Corsi che rientrano sotto questo cappello. Dal Policlinico alle sedi limitrofe, fino a quelle più lontane, stanno cominciando a prendere forma le prime aspirazioni delle giovani matricole. Tra chi ha cominciato lezioni e tirocinio da qualche settimana e chi è ancora in attesa di conoscere i compagni di viaggio, il filo conduttore dell’obiettivo Medicina e Chirurgia meno pronunciato di quel che si possa pensare, ecco le prime impressioni dei futuri professionisti sanitari.
Silvia Tiano dedica alla professione a cui ambisce, che definisce poco conosciuta ma importantissima, una vera e propria dichiarazione d’amore: “Spesso si pensa che il tecnico di laboratorio biomedico stia al banco a premere pulsanti e che conduca così le sue analisi. Sbagliato. Un’analisi di laboratorio richiede più step, lunghi e accurati. Il nostro è un lavoro di responsabilità!”. Basta, infatti, “un minimo errore, una piccolissima distrazione, e tutto il procedimento risulterà viziato e andrà ripetuto dall’inizio. Tra le altre cose, nonostante la tecnologia avanzi alla velocità della luce, le analisi biomediche vengono svolte ancora manualmente”. Questo Corso unisce “la biologia, le scienze, la medicina e, appunto, lo stare in laboratorio. È la sintesi perfetta delle mie passioni. Avevo superato anche i test d’accesso a Biologia e Farmacia ma, a monte, la decisione era già presa”. Le lezioni sono cominciate da due settimane e Silvia, come c’era da aspettarsi, è già entusiasta per il tirocinio: “L’attività vera e propria comincerà a gennaio. I primi approcci al laboratorio sono anch’essi teorici. Dobbiamo capire come ci si muove al suo interno, quali sono le norme di sicurezza da seguire, come si usano gli strumenti e quale funzione hanno”. Ed è felice anche di aver trovato una classe compatta, quasi scolastica: “Non siamo tanti e i docenti hanno già imparato i nostri nomi. Non ci considerano solo dei numeri di matricola, ma individui che, venendo da luoghi e situazioni diverse, hanno storie personali ben definite”.
Luigi Mastrogiacomo si mostra molto sicuro di sé. Quella dell’igienista dentale è proprio la strada che fa per lui. “Al liceo mi sono appassionato a materie come Chimica, Matematica e Biologia – e ammette anche – Mio padre è un professionista del settore e questo mi rassicura sulle possibilità occupazionali per il futuro”. Le matricole di Igiene Dentale sono nell’edificio di Biotecnologie: “una bella struttura, che non conosco ancora bene”. Anche lui si dice piacevolmente colpito da un ingresso in corsia quasi immediato: “Abbiamo già cominciato ad incontrare dei pazienti, ovviamente, solo come uditori”.
La sede di Biotecnologie in via de Amicis è la meta anche di Pina Chianese, matricola di Ortottica. “Ho alcune problematiche agli occhi e posso capire perfettamente come si senta una persona in questa condizione – racconta – Io stessa sono stata una paziente poco fiduciosa sentendomi spesso, nei confronti di chi mi curava, un caso clinico”. Dopo la Triennale, intende proseguire gli studi e si dice anche interessata alla ricerca, piuttosto che all’attività sanitaria. Non sarebbe stato il caso, allora, di puntare a Medicina con specializzazione in Oftalmologia? “Il test di accesso a Medicina non l’ho superato. Ma a dire il vero, sei anni sono tanti. A me interessa un organo specifico del corpo umano e credo di poter portare un aiuto a chi soffre di problemi agli occhi anche con questo percorso più breve e compatto”. Compatto è un aggettivo che ripete più volte, soprattutto quando parla degli orari delle lezioni: “I nostri esami non sono tanti; piuttosto, corposi perché mettono insieme più discipline. E nei giorni liberi ci sarà il tirocinio. È una bella sfida e io spero di essere all’altezza”. Quando si lavora con una persona, magari delicata, in cerca di soluzioni al suo problema fisico “la paura di sbagliare c’è sempre”.
L’alternanza scuola-lavoro, il faro nella notte
È al Policlinico, edificio 1, Benedetta Di Somma, studentessa di Infermieristica. “Ho terminato il liceo nel 2020 e per un anno ho studiato Controllo di Qualità. Il mio sogno, in realtà, è di diventare medico, ma non sono riuscita a superare il test”. A muovere Benedetta è il desiderio altruistico di fare del bene a chi soffre: “In passato ho avuto problemi di salute e, purtroppo, ho incontrato dei medici decisamente poco empatici. Se un paziente è sensibile, io mi aspetto che venga trattato con la stessa sensibilità. Probabilmente non è un pensiero largamente condiviso”. Infermieristica, in fondo, potrebbe essere la strada giusta per lei “perché mi permetterà di prendermi cura della persona in maniera anche più diretta. Spero che il tirocinio mi aiuti a chiarire definitivamente le idee”.
Sarà un infermiere anche Ernesto Catalano. “Al quarto anno di scuola avevo cominciato a studiare per il test d’accesso a Biotecnologie per la Salute. Ero iscritto ad un Istituto Tecnico di Biotecnologie ambientali e mi sembrava il giusto prosieguo dei miei studi. Poi ho capito che non era esattamente così”. L’alternanza scuola-lavoro, decisamente potenziata negli ultimi anni, è stata il cosiddetto faro nella notte: “In particolare, ho aperto gli occhi grazie ad un’attività di primo soccorso in collaborazione con la Protezione Civile”. Anche Ernesto, quindi, sta aspettando il tirocinio per avere la conferma di aver fatto la scelta giusta: “Vicende familiari mi hanno avvicinato all’ospedale e al pronto soccorso, due ambienti che possono essere scioccanti se non si sanno dominare le emozioni”.
È in attesa dell’inizio delle lezioni di Tecniche di Laboratorio Biomedico, nella sede del Monaldi, Chiara De Luca. Anche lei ammette di aver sempre strizzato un po’ l’occhio alla Medicina, “per quanto non ambissi a sostenere un test nazionale e tanto complicato e ad accedere ad un percorso così lungo e tutto in salita”. La scelta di un Corso delle Professioni Sanitarie però, ci tiene a rimarcarlo, “non è affatto un ripiego. Ho raccolto informazioni da amici che hanno già sostenuto questi studi e che mi li hanno descritti come pratici e ben focalizzati”. Chiara ha un diploma di Liceo Classico: “Mi innamorai dell’ambito umanistico grazie ad un professore alle scuole medie. Le materie scientifiche non sono approfondite da tutti gli insegnanti allo stesso modo ed è un peccato. Oggi si tende ancora a considerare la cultura per compartimenti, a dividere scienze e letteratura, quando tutte le discipline concorrono a creare quella base con cui poi arriviamo all’università”. Il tecnico di laboratorio “non ha contatti diretti con il paziente, e questo mi dispiace, ma, senza il suo operato, il medico stesso non potrebbe svolgere il suo lavoro”.
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