Conversazione con Enrico Del Gaudio, jazzista 50enne con l’amore per la filosofia

Ritornare da adulto nelle aule universitarie: quando l’hai deciso?
“Checché se ne dica, i musicisti per loro indole sono abituati alla disciplina e votati allo studio. Se non si studia uno strumento, anche per otto ore al giorno, non se ne cava nulla. Per cui ritornare all’Università mi è sembrato normale. Anni fa intrapresi un percorso di studi al Dams di Bologna. Avevo professori come Umberto Eco e tra i più famosi compositori contemporanei. Facendo il musicista iniziai però a lavorare presto, anche in tournée, ed era difficile conciliare tutto, quindi per forza di cose abbandonai. La passione per la musica me la porto dentro da ragazzino, ma sempre associata a una ricerca e crescita continua. Ora, invece, ho l’occasione attraverso la filosofia di rispolverare concetti che avevo lasciato sempre in sospeso”.
Musica e Filosofia. In che rapporto stanno?
“In un rapporto innato, ce lo diceva già Platone, ma anche prima per i pitagorici l’elemento musicale costituiva una prerogativa per relazionarsi al cosmo e al sapere. In verità, la musica è sempre stata qualcosa di misterioso a livello psichico, capace di trasportarci in altri luoghi e stati mentali. Per cui viene da sé che tra filosofia e musica intercorra una strettissima relazione, forse molto più che nelle altre arti, come ad esempio la scultura: la statua è qualcosa di concreto, la musica se non la fai non esiste”. 
Che tipo di musica ti piace suonare?
“Sono un batterista. Ho studiato Composizione e Arrangiamento al Conservatorio e ho suonato con musicisti provenienti da ogni parte del mondo. Ognuno mi ha dato qualcosa che poi ho approfondito autonomamente. La mia essenza è quella dell’improvvisatore più che del jazzista. L’improvvisazione non cade dal cielo, ma è un linguaggio al momento irripetibile con i suoi codici tali che il pubblico possa intercettarne i meccanismi. La musica improvvisata…
 
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