Guardie mediche: il primo contatto con la professione dei camici bianchi

“Era la mia seconda o terza guardia – non ricordo con precisione – nel distretto di Scampia. Arrivò un paziente con un infarto del miocardio. Sono quelle situazioni nelle quali capisci che i libri non bastano, per quanto siano indispensabili. Occorre anche una certa sfrontatezza, chiamiamola pure faccia tosta, per affrontare di petto una situazione difficile e governarla. Mi feci coraggio, trattai quel paziente per come potevo, facendo affidamento su quello che avevo imparato all’università, e poi lo inviai in ospedale”. Nicola Imperatore, ventinove anni, laurea in Medicina conseguita il 17 ottobre 2013 con una tesi in Gastroenterologia, disciplina nell’ambito della quale si sta ora specializzando, racconta il suo dopo laurea tra libri ed esperienze sul campo. Un percorso comune a tutti i camici bianchi, perché i neolaureati, dopo un periodo di tirocinio e dopo che hanno conseguito l’abilitazione, iniziano subito a lavorare, sia pure saltuariamente. Sono impiegati soprattutto per le Guardie mediche. “Io – ricorda Imperatore – mi abilitai a febbraio 2014 e non ebbi quasi il tempo di rifiatare, perché mi trovai subito a lavorare come guardia medica. A Scampia ho visitato molti pazienti ed ho conosciuto tanti colleghi più grandi. Alcuni estremamente generosi nel dispensare suggerimenti e consigli preziosi per chi, come me, muoveva i primi passi. Altri per nulla disponibili a darmi una mano”. Superato il battesimo del fuoco, per i giovani medici ecco che arriva l’ostacolo del concorso alla Scuola di Specializzazione. “È un momento molto difficile e delicato – sottolinea Imperatore – perché i posti disponibili sono pochi, rispetto al numero dei candidati. Si viene a creare un imbuto, una strettoia. Nel 2014 entrava in una Scuola un candidato su tre. Oggi credo che la situazione sia leggermente migliorata rispetto ad allora, ma resta il tema del numero scarso di posti rispetto ai laureati. Delle due l’una: o si restringono ulteriormente gli accessi per chi voglia immatricolarsi a Medicina, o si ampliano quelli nelle Scuole di Specializzazione. È vero che chi non entra in una scuola può sempre preparare il concorso per Medicina generale, ma è altrettanto vero che, senza una specializzazione, le opportunità di lavorare in maniera gratificante sono certamente inferiori”.
Dei suoi anni universitari ricorda soprattutto “i molti sacrifici. Per studiare Medicina e laurearsi entro i sei anni previsti dal percorso didattico si rinuncia a tante cose che rendono belli i 20 anni. Uscire la sera con gli amici, per esempio, è una occasione rara e lo si fa solo nel fine settimana, quando ci si riesce. La giornata di uno studente comincia presto ed è sempre piena. Seguivo tutti i giorni di mattina e durante il pomeriggio studiavo. L’esame più impegnativo è stato Anatomia per la complessità, la lunghezza e la modalità della prova. Biochimica clinica il più leggero”. Prosegue: “La prima sensazione da matricola fu lo spaesamento totale,  legato al fatto che c’erano nuove persone da conoscere e mi trovavo in una realtà universitaria molto prestigiosa, quale Medicina della Federico II. Per me, che non avevo medici in famiglia, un mondo completamente nuovo. Peraltro ricordo che ero già piuttosto stanco, perché avevo studiato tutta l’estate, dopo la maturità, per esercitarmi al test di ammissione”.
Pochi i posti per le 
Scuole di 
Specializzazione
Le guardie mediche sono state la prima esperienza di lavoro anche per Valentina Cossiga, 26 anni, che si è laureata nel 2015 con una tesi sul trattamento dell’epatocarcinoma di grandi dimensioni con il laser. “Adesso – racconta – sto frequentando la Specializzazione in malattie dell’apparato digerente. Subito dopo la laurea e l’abilitazione ho effettuato alcune guardie mediche nel distretto di Fuorigrotta”. Un periodo relativamente tranquillo: “C’erano altri colleghi più esperti e, per fortuna, non si presentarono casi particolarmente urgenti e difficili. Era estate e non pochi interventi riguardavano ustioni e scottature provocate dall’esposizione al sole senza le dovute precauzioni. Trattai pazienti che avevano qualche problema determinato dal caldo e persone che venivano con irritazioni da morsi di insetti. Ripeto: una esperienza tranquilla. Ero avvantaggiata, del resto, dal fatto che proprio vicino alla sede del distretto dell’Asl presso il quale svolgevo le guardie mediche c’è il pronto soccorso dell’ospedale San Paolo”. Proprio come Imperatore, Cossiga si sofferma sul tema dei pochi posti disponibili nelle Scuole di Specializzazione. “Secondo gli ultimi dati – quantifica – ci sono 6000 caselle da riempire, a fronte di 12mila aspiranti. Questa situazione determina un notevole stress e provoca incertezza riguardo al futuro. Per di più non c’è un programma vero e proprio da seguire per prepararsi alle prove di ammissione”. Ritorna alla sua esperienza universitaria: “Il primo impatto a Medicina fu bello. Era quello che volevo fare sin da bambina e trovarmi in quelle aule era una situazione che mi rendeva felice. Il primo anno fu all’insegna dell’entusiasmo, nonostante esami come Chimica, Fisica e Biologia, di carattere generale e non specificamente medico”. Le prove più complesse? “Senza dubbio le due Anatomie e le due Farmacologie”. Conclude con un ricordo del test d’ingresso: “Mi preparai studiando ed esercitandomi sulle prove degli anni precedenti, ma ho capito che per passare serve anche una buona dose di fortuna”.
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