Le radici ambientali delle pandemie

“La pandemia Covid-19 ha portato alla ribalta, mai come prima, il ruolo delle zoonosi, ossia dei patogeni trasmessi da animali vertebrati all’uomo. Nella maggioranza dei casi, le zoonosi sono associate a specie selvatiche e il loro incremento negli ultimi decenni è legato fortemente a fattori di tipo umano, tra cui cambiamento di uso del suolo, urbanizzazione, deforestazione, espansione dell’agricoltura intensiva e infine commercio, legale e non, di fauna selvatica a scopo alimentare, farmaceutico o di altro tipo. Quest’ultimo caso è stato con ogni probabilità il fattore alla base dell’attuale pandemia”. Parole del prof. Danilo Russo, tra i massimi esperti nel mondo di pipistrelli, che insegna Ecologia ad Agraria della Federico II. Il prof. Russo è stato uno dei relatori della conferenza che si è svolta il 29 aprile ed è stata organizzata da Agraria e Veterinaria per fornire un contributo alla interpretazione della pandemia in atto e delle sue cause e per mettere a confronto gli esperti su quello che bisognerà fare per evitare che accada di nuovo. L’iniziativa è nata nel contesto del percorso di seminari che si tiene presso il Dipartimento di Agraria, “Il Caffè Scientifico di Agraria”. La proposta è stata poi accolta dalla Commissione Scientifica dello stesso  Dipartimento, con il suo presidente, il prof. Franco Pennacchio, i docenti Gianni Cicia, Domenico Carputo e gli altri componenti. È stata condivisa con i professori Matteo Lorito e Gaetano Oliva, Direttori, rispettivamente, dei Dipartimenti di Agraria e di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali. Si inserisce in un filone, quello della corretta divulgazione scientifica, che recentemente si è arricchito anche di una rubrica promossa da Veterinaria per contrastare le informazioni scorrette e false che sempre più spesso circolano sui social in materia scientifica. Si chiama “Un mondo di Bufale” ed è aggiornata mensilmente da vari docenti, anche sulla base di richieste e sollecitazioni che arrivano dall’esterno.
La conferenza del 29 aprile si è svolta sul web, ovviamente, ed ha suscitato notevole interesse. Si sono collegate circa ottocento persone per ascoltare gli interventi dei vari relatori. Tra questi il prof. Russo, che ha detto e ribadito più volte che il Covid è il sintomo di una malattia ancora più grave, quella della Terra e degli ecosistemi saccheggiati, sfruttati, devastati dalla specie umana. “Tutte le attività umane – ha sottolineato – che alterano gli ambienti naturali e aumentano il contatto tra fauna e uomo, spesso portando diverse specie animali a coesistere in condizioni innaturali e in contesti molto antropizzati, creano i presupposti per ‘spillover zoonotici’, ossia per il passaggio da un animale all’uomo di un patogeno e del suo adattamento all’organismo umano. Il rischio di spillover non deve aumentare il timore per i contatti tra uomo e biodiversità in sé, perché la nostra vita dipende in modo cruciale dai ‘servizi ecosistemici’ che proprio la varietà di specie presenti sulla Terra garantisce. Questi fenomeni, tuttavia, vanno visti come un ulteriore, forte segnale del grado di compromissione degli ambienti naturali dovuto all’azione umana e ci aiutano a comprendere quanto un’adeguata tutela della natura sia fondamentale per preservare la nostra stessa sopravvivenza sul pianeta”. Teresa Del Giudice e Carla Cavallo, entrambe docenti ad Agraria, hanno incentrato le loro relazioni sugli impatti economici che potrebbero avere sull’agricoltura la crisi sanitaria ed il blocco delle attività che essa ha determinato. “È palese – hanno detto – che nel breve periodo ci sarà un effetto negativo sull’economia mondiale causato dal lockdown e dall’incertezza sulla durata della pandemia”. Ancora poco chiare, secondo Del Giudice e Cavallo, “sono le dimensioni dell’impatto che tale situazione produrrà nel medio e lungo periodo. Lo scenario descritto accomuna, con intensità diverse, tutti i settori dell’economia. Un’analisi focalizzata sull’agricoltura, però, evidenzia alcune peculiarità che rendono urgenti non solo analisi immediate ed approfondite ma anche riflessioni su come l’intervento pubblico e privato dovrà rispondere alle nuove esigenze del settore primario”. Nel breve periodo, hanno sottolineato, “le caratteristiche degli interventi devono necessariamente avere la natura dell’urgenza. La domanda da porsi è però quali lezioni si possono cogliere per progettare politiche di medio e lungo periodo per l’agricoltura che tengano conto dei punti deboli e di quelli di forza emersi nel fronteggiare un inedito e possente shock economico, sociale e culturale”.
Il prof. Giuseppe Iovane, che insegna Malattie Infettive a Veterinaria, ha focalizzato la sua attenzione sulle caratteristiche delle patologie che hanno origine negli animali selvatici e domestici e sono caratterizzate da una diffusione globale. “Le più probabili pandemie che possono interessare in futuro l’uomo – ha spiegato – saranno per lo più virali e provenienti da specie animali che hanno la capacità di ospitare un virus senza a volte presentare sintomi e che ad un certo punto fa il salto di specie e si adatta a nuove popolazioni ed a nuovi individui. Il concetto di spillover spiega infatti il passaggio dall’animale all’uomo. Da circa 30 anni si osservano nuove malattie ed altre riemergono, in genere queste situazioni sono dovute a comportamenti irresponsabili umani, tra questi sicuramente dimostrabili sono le deforestazioni, il riscaldamento del pianeta, gli allevamenti intensivi e le aberrazioni alimentari”. Prima del Covid-19, ha sottolineato, c’erano stati altri agenti patogeni che avevano approfittato di queste condizioni per arrivare a contagiare l’uomo. “Queste pratiche in Africa, Amazzonia, in Cina – ha detto il docente – ci hanno esposto a malattie emergenti e riemergenti come HIV, Ebola, Chikungunya, Dengue, Zika, Influenza, Coronavirus. A queste si associano tutte le Arbovirosi, malattie trasmesse da vettori quali zanzare, pulci, zecche che hanno trovato areali nuovi dove riprodursi e trasferire nuovi virus”. Il riscaldamento del pianeta, ha ribadito, “ha comportato aumento di fenomeni di siccità e di alluvioni portatrici di altri tipi di patologie quali colera ed epatite le quali, stabilitesi prima in maiali e poi in cinghiali, hanno comportato nel 2018 circa 44 mila morti nel mondo”. Tutto questo, ha concluso, “enfatizza il ruolo del medico veterinario che deve fronteggiare lo sviluppo di questi virus negli allevamenti intensivi per prevenire la diffusione all’uomo”. La pandemia ha messo in evidenza anche la necessità di una comunicazione scientifica divulgativa, precisa, responsabile e scevra da protagonismi e personalismi. La relazione di Sante Roperto, che insegna Malattie Infettive a Veterinaria ed è docente di corsi e seminari su comunicazione e scienza, è partita dunque da un interrogativo: “Come realizzare una informazione breve ed efficace, che sia divulgativa senza risultare didascalica?”. Il tipo di comunicazione che gli scienziati sono abituati ad avere, ha sottolineato, “è molto lontano da quello con cui comunica il resto della società nella quale la percezione non è determinata dalle statistiche e dai dati, ma dalle immagini e dalle storie. Questo rende il compito di chi lavora in ambito scientifico molto arduo. Mai come in questi mesi, gli scienziati e i ricercatori di tutto il mondo sono chiamati a dare risposte su una delle più grandi emergenze sanitarie degli ultimi decenni. Un nuovo virus impone regole nuove, sia dal punto di vista sociale che da quello sanitario. Un patogeno emergente di recente scoperta impone un nuovo approccio in termini di studio delle caratteristiche eziologiche, di meccanismi patogenetici e di sviluppo di diagnosi e terapie. La scienza è chiamata a riscoprire un modo nuovo di dialogare e decodificare le nuove acquisizioni in informazioni di pubblico dominio. Per rinsaldare il suo ruolo nella società, questa è la sua sfida più immediata e più importante”.
 
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