Organi artificiali e protesi: quando le tecnologie migliorano la qualità della vita

Dalla semplice cosmesi alla funzionalità sempre più avanzata. È il percorso che stanno compiendo le protesi artificiali destinate a chi, per incidente o malattia, abbia perso un arto. È un cammino che ha già migliorato sensibilmente la qualità di vita di chi è costretto a ricorrere alle protesi e che non sarebbe stato possibile se non ci fossero state ricerche e scoperte innovative nell’ambito dei materiali di produzione e dei sistemi capaci di far dialogare la protesi con il cervello di chi la indossa. Si parlerà anche di questi aspetti nel corso Organi artificiali e protesi, attivato al primo anno della Laurea Magistrale in Ingegneria Biomedica che sta per iniziare e prevede vari moduli. Uno di essi – quello dedicato appunto alle protesi di mani, gambe e braccia – è affidato alla prof.ssa Fanny Ficuciello. Proprio lei, insieme al prof. Bruno Siciliano, è la creatrice di Prisma Hand, che è stata definita “la mano robotica lowcost e stampabile in 3d”. Racconta la docente: “Quel lavoro, che è stato possibile grazie ai finanziamenti per i giovani ricercatori del programma Star – Federico II, Compagnia di San Paolo, Fondazione dell’Istituto Banco di Napoli – ha portato a costruire un prototipo di mano robotica sicuramente innovativo. Prevede una fascia posizionata sul braccio che sfrutta sia un sistema elettromiografico, sia comandi vocali, qualora altri segnali risultino insufficienti”. Prisma Hand I è uno dei primi risultati di MUSHA, una ricerca ampia sulla robotica chirurgica e di assistenza per lo sviluppo di generazioni future di strumenti che possano in maniera sempre più sofisticata supplire alla mancanza di arti naturali e farne le funzioni. “Una ricerca – sottolinea Ficuciello – sulla cooperazione tra essere umano e la sua estensione robotica”. 
La ricerca in questo ambito – come racconterà la docente agli studenti…
 
L'articolo continua sul nuovo numero di Ateneapoli in edicola dal 5 aprile (n. 6/2019)
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