Roberto, gravemente ipovedente, e Lorenzo, dislessico, raccontano il percorso (accidentato) verso la laurea

Tenacia, forte passione e mente proiettata al futuro tenute insieme da un’inarrestabile voglia di farcela. È l’incipit delle storie di due laureati federiciani, Roberto Mauriello e Lorenzo Giarritiello. 
Roberto ha venticinque anni, è appassionato di auto sportive sin da bambino e si è laureato a luglio in Ingegneria Meccanica per la Progettazione e la Produzione. “Il mio desiderio è progettare auto sportive e tutto il mio percorso va in questa direzione: dal liceo scientifico agli studi universitari che si sono conclusi con una tesi Magistrale, in collaborazione con Ferrari, in cui mi sono dedicato allo sviluppo di un modello di software che serve per mettere a punto auto da competizione”. Roberto è non vedente da un punto di vista medico-clinico, ma di fatto gravemente ipovedente e “se avessi avuto una vista normale – prosegue nel suo racconto – avrei fatto il pilota o il meccanico, ma non posso né guidare né prendere in mano gli attrezzi. Posso, però, progettare”. Una malformazione congenita è la causa del suo problema, croce e delizia, come dice lui, “croce perché sono sempre stato così e sempre lo sarò, delizia perché quel piccolissimo residuo visivo, che i medici non riescono a rilevare con i loro strumenti ma che c’è e mi permette di lavorare, dovrei averlo per tutta la vita”. La sua sfida, al momento, “è l’ingresso nel mondo del lavoro che io, come molti laureati credo, non avevo percezione di come fosse strutturato nel mio settore di riferimento. Penso di essere bravino, ho sviluppato due tesi in collaborazione con aziende importanti e ipotizzavo che la mia disabilità potesse essere un plus nella ricerca del lavoro, ma non è stato così”. Diversi colloqui si sono arrestati, infatti, “perché mi chiedevano una certificazione della cecità ai fini lavorativi. Il potenziale datore di lavoro vuole, oltre agli oneri, anche i vantaggi che comporta la mia assunzione come invalido. Ho dovuto, quindi, intraprendere questo percorso burocratico, e in tempo di Covid non è stato per nulla facile, ma dovrei avercela fatta”.
“Il caddista, l’unico lavoro che proprio non posso fare”
C’è, comunque, anche un altro aspetto: “La maggior parte dei giovani laureati in Ingegneria Meccanica accetta come primo impiego quello di caddista, cioè chi disegna al computer, ed è l’unico lavoro che io proprio non posso fare. Dovrei quindi ficcarmi in quella fettina di mercato laterale rispetto al CAD, compatibile con la mia condizione fisica”. Inoltre, “in questo particolare momento tutte le case automobilistiche sono in perdita o in cassa integrazione. Io ho venticinque anni e non voglio stare a casa senza far nulla. Tutto quello che è auto sportive in Italia è in Emilia-Romagna. La mia destinazione naturale sarebbe quella, ma al momento, in attesa di una ripresa, mi sto guardando intorno”. Mai mollare è, del resto, il leitmotiv del suo percorso: “La cecità e la matematica e i disegni tecnici fanno un po’ a cazzotti. I miei genitori mi hanno sempre supportato in tutte le mie scelte. Ma gli esperti delle strutture collaterali alla scuola me lo sconsigliavano. Dal SInAPSi in poi, invece, nessuno mi ha più detto ‘lascia stare’ e siamo arrivati alla laurea”. 
Studiare “Ingegneria Meccanica con questa patologia ti distrugge”
La strada è stata faticosa e in salita: “Nelle nostre lezioni conta molto quello che il professore scrive alla lavagna, ancor più di quello che dice e io non vedo alla lavagna. I primi tre anni con me c’era un volontario del SInAPSi che prendeva appunti per me. Ma si trattava, di volta in volta, di una persona diversa, uno studente di lettere, storia, filosofia, e naturalmente i suoi appunti non potevano essere precisissimi”. Così “si è passati a filmare le lezioni, in modo che potessi rivedere da casa la lavagna o il pannello delle proiezioni. Se l’Ateneo facesse questa operazione, in maniera strutturata, per tutti i corsi e con degli operatori professionisti, sarebbe diverso”. Non sono mancati, poi, “alcuni docenti che si sono mostrati ostili rispetto alla mia patologia e all’idea di farsi riprendere. L’università è un luogo pubblico e filmare mi era consentito, a meno che non lo avessi fatto a scopo commerciale e non era certo l’uso che dovevo farne io. A volte ho dovuto litigare con il professore, ma fortunatamente sono sempre riuscito a risolvere con l’uso della dialettica. Anche questa, comunque, è una battaglia che avrebbe dovuto fare l’università”. I pollici, però, sono in su e la soddisfazione c’è tutta, “ma con due appunti. Fare Ingegneria Meccanica con questa patologia ti distrugge, è una cosa che mi sento di sconsigliare. Devi essere davvero molto, ma molto determinato. Io non potevo utilizzare strumenti come Audible perché i nostri libri contengono poco testo e molte formule e grafici complessi. E lì sei solo tu con i tuoi occhi”. I primi anni “in particolare sono stati i più duri. In attesa di mettere appunto gli strumenti che mi servivano e di organizzarmi con il SInAPSi non ho vissuto. Tutti i giorni erano uguali, uscivo poco e non riuscivo a fare altro. Poi, mentre tutto cominciava ad andare a regime, ho capito che dovevo ritagliarmi degli spazi per me, ho cominciato a suonare il sax, ad uscire di più con gli amici”. Non c’è altro da fare che sforzarsi e “io l’ho fatto perché, in futuro, non mi vedo a fare altro che progettare auto sportive”.
“Non mi sono mai arreso”
Lorenzo, attualmente, è a Milano, anche lui impegnato nella ricerca del suo primo impiego. I problemi legati a dislessia e discalculia non gli hanno impedito di concludere gli studi in Economia Aziendale. “Ho scoperto di avere queste difficoltà alle scuole elementari. Nel corso degli anni, però, c’è stato un miglioramento anche se mi capita ancora qualche disagio, ad esempio con i testi scritti; salta qualche parola, salta qualche calcolo”. Ma Economia per Lorenzo è proprio una passione: “Desideravo dare un proseguimento agli studi scolastici e ho scelto il percorso universitario che mi sembrava più adatto al mio bagaglio culturale. Mi piacciono molto Economia e Diritto e, a questi esami, ho avuto sempre buoni risultati; infatti, in Magistrale mi sono laureato con 110 e lode”. Ostacoli particolari non ce ne sono stati: “avevo bisogno di un po’ più di tempo per le prove scritte, anche se a volte non lo utilizzavo nemmeno, e di avere un’idea del compito in modo da costruire una geografia mentale che mi aiutasse nella risoluzione. Non tutti i docenti sembravano accettare la mia difficoltà, soprattutto quelli meno giovani che comprendevano meno che tipo di problema fosse la dislessia. E a quel punto interveniva il SInAPSi e, generalmente, con due o tre colloqui il problema si risolveva”. La forza di volontà è stata una chiave di successo, “non solo all’università. Durante gli studi ho lavorato per potermi mantenere e a volte capitava di subire dei rimproveri dal datore di lavoro che non conosceva le mie difficoltà e per me era una mortificazione. Ma, alla fine, sono diventato responsabile di un locale e lo sono stato per tre anni. Non mi sono mai arreso”. Appassionato del ramo consulenza e delle discipline finanziarie, dopo un Master al Sole 24 Ore, Lorenzo sta sostenendo diversi colloqui di lavoro: “Quando capita che ci sottopongano delle prove logico-matematiche vado ancora in difficoltà mentre preferisco il colloquio orale in cui riesco a spiegare il ragionamento che faccio. In genere alle selezioni non parlo di queste mie difficoltà perché ho timore di essere un po’ discriminato o che l’HR non mi consideri all’altezza. Piuttosto cerco di fare un buon lavoro prima: di studiare l’azienda e di mettere in mostra le mie qualità”.
 
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