Per una settimana nella sede di Architettura in via Forno Vecchio è stato ricreato uno spicchio della quotidianità che la popolazione Saharawi vive nei campi profughi del Sahara, in territorio algerino. Quelli nei quali sono confinate circa 160 mila persone dopo che il Marocco e la Mauritania invasero i loro territori - ricchi di risorse naturali come i fosfati e bagnati da un mare molto pescoso - e posero fine al sogno di uno Stato degli abitanti del Sahara occidentale. Il Dipartimento ha ospitato un laboratorio, nella seconda metà di ottobre, promosso dai professori Emma Buondonno, Mario Losasso e Fulvio Rino ed al quale hanno partecipato una trentina di studenti sotto la guida di alcuni tutor neolaureati o anch’essi studenti. Hanno realizzato una casa in malta e bottiglie di plastica su una base di cemento armato sull’esempio delle abitazioni che effettivamente sono sorte nei campi profughi. Nel loro lavoro ragazze e ragazzi sono stati indirizzati da Tateh Breika, un ingegnere saharawi di poco più di trent’anni che utilizza diffusamente questo tipo di tecnica costruttiva nei campi profughi dove è nato e dove ha frequentato la scuola primaria. Completato il ciclo di studi in Spagna, Breika è tornato tra la sua gente per mettere le sue competenze al servizio della popolazione della quale è parte. “Nei campi profughi – racconta ad Ateneapoli sotto la tenda allestita nel cortile di via Forno Vecchio – sono state realizzate...