Il biotecnologo? È colui che “trasforma l’interessante in utile”

Incontro nazionale di orientamento per gli studenti delle scuole superiori sul mondo delle biotecnologie. Si è svolto il 29 maggio. Più di 400 i partecipanti in remoto. Sono stati accolti dal prof. Antonio Marzocchella, ordinario di Impianti Chimici e Coordinatore del Corso di Laurea in Biotecnologie Biomolecolari e Industriali (che afferisce al Dipartimento di Scienze Chimiche) della Federico II, nonché Presidente della Conferenza Nazionale dei Corsi di Studio in Biotecnologie, che ha presieduto l’incontro e presentato il percorso triennale. Uguale in tutta Italia, prevede una prima formazione di base, funzionale alla successiva scelta di una specializzazione che avviene con la Magistrale. Gli indirizzi Magistrali offrono un ampio ventaglio di opportunità nelle tre principali branche della professione: Biotecnologie agrarie e ambientali, Biotecnologie industriali, Biotecnologie mediche, veterinarie e farmaceutiche. Come è stato spiegato dal prof. Livio Trainotti, docente di Botanica Generale presso l’Università degli Studi di Padova, spesso ai tre ambiti di studio della Magistrale ci si riferisce con dei colori: verde per l’ambito agro-ambientale, bianco per l’ambito delle biotecnologie industriali e rosso invece per quelle mediche, veterinarie e farmaceutiche. Perché scegliere Biotecnologie? Come spiega il prof. Trainotti e come continua il dott. Davide Ederle, Presidente dell’Associazione Nazionale Biotecnologi Italiani – ANBI – perché mentre la biologia dedica i propri sforzi scientifici allo studio degli organismi viventi e alla ricerca sempre più approfondita dei loro funzionamenti, alle biotecnologie spetta il compito di applicare questa conoscenza, di sviluppare praticamente le informazioni acquisite dagli altri campi di studio. “Prendiamo l’esempio dell’insulina: regola gli zuccheri nel sangue ed è fondamentale per chi soffre di diabete. Creare un farmaco che aiuti i diabetici a vivere una vita normale è interessantissimo, ma per il biotecnologo diventa più di questo, diventa utilissimo. L’ambito lavorativo del biotecnologo non è quello della ricerca in particolare, ma cambiare praticamente la vita delle persone, trasformare l’interessante in utile”, chiarisce Ederle ai ragazzi che spesso fanno difficoltà a distinguere l’ambito lavorativo del biotecnologo da quello del biologo. A questo proposito, l’ANBI non si occupa solo di dar voce ai biotecnologi italiani, ma anche di informare i giovani e gli studenti su questo mondo e far conoscere meglio questa professione con numerose attività di orientamento in tutta Italia.
1.358 intervistati, il 67,5% sono donne
Secondo uno schema mostrato dal prof. Marzocchella e un approfondimento successivo del prof. Trainotti, in Italia sono presenti 50 Corsi di Laurea Triennale in Biotecnologie e più di 90 indirizzi di Specializzazione. Questo perché una prima formazione di base, uguale per tutti, è importante a prescindere dalla Specialistica che si vuole poi intraprendere. Un altro motivo è che una parte della formazione si svolge nei laboratori, che hanno dei loro costi di mantenimento, e per questo motivo si cerca di riunire gruppi più consistenti di studenti in un determinato numero di strutture. Le circa 90 Lauree Magistrali sono invece articolate per campo di interesse per un totale di 12 Corsi per l’ambito verde, 28 per quello bianco e 51 per quello rosso, disseminate su tutto il territorio nazionale, coprendo in questo modo le cinque aree di competenza della professione. I grafici presentati da Ederle mostrano come le 4 principali regioni italiane protagoniste nel mondo lavorativo delle biotecnologie sono la Lombardia, la Campania, il Veneto e la Sicilia,  “anche se i ragazzi scelgono più spesso come mete per i loro studi la Lombardia, il Piemonte e la Campania su tutte le altre regioni, che pure registrano importanti numeri di iscritti”.
Coloro che fossero tentati dal credere che il mondo scientifico-tecnologico delle biotecnologie sia, come vorrebbero gli stereotipi di genere, occupato principalmente dal sesso maschile, resterebbero sorpresi dal sapere che, su un campione di 1.358 intervistati, il 67,5% sono donne: “un dato sempre più in crescita. Quando io ero iscritto all’università, invece, la presenza femminile era davvero minima. Questi dati sono invece indice di un importante cambiamento”, commenta Ederle. Poi espone gli sbocchi occupazionali per chi non intende intraprendere una carriera nel mondo industriale: “c’è sempre il percorso della ricerca, continuando dopo la Magistrale con un PhD,  dedicandosi alla ricerca applicata o allo sviluppo del prodotto. Poi ci si può orientare verso la professione aziendale, dal Marketing al Project Management, alle vendite. Oppure, ancora, scegliere di diventare insegnante o giornalista scientifico, quest’ultima una figura professionale particolarmente preziosa in questi anni in cui la comunicazione diventa sempre più globale e di massa”. Tra i campi emergenti, spicca quello della bioinformatica, branca  che sta permettendo, oggi, ad esempio, di monitorare e ricostruire il percorso della diffusione del SARS-Cov-2, di cui si può quindi cogliere il valore. Come pure anche la bioeconomia: l’obiettivo dei biotecnologi in questo senso è quello di permettere all’uomo una presenza sulla terra che sia più sostenibile.
Si apprende un metodo scientifico
Se il ventesimo secolo viene indicato come il “secolo della fisica”, molti parlano del ventunesimo come quello delle Scienze della vita, una conoscenza scientifica oggi applicabile sempre a più campi d’interesse, dalla farmaceutica allo sviluppo di nuovi materiali sostenibili, come ha illustrato il prof. Trainotti. È vero anche che l’ambito delle biotecnologie più sfruttato è quello rosso, cioè quello medico, veterinario e farmaceutico, che copre il 60 – 70% del fatturato annuo del settore e questo spiega anche perché l’offerta formativa di questa branca risulta la più alta a livello nazionale. “A Biotecnologie imparate un metodo scientifico che vi insegna quando credere ai vostri occhi e quando no, questo è forse l’insegnamento che più tengo stretto del mio percorso di studi”, racconta il dott. Ederle.
Esperienze all’estero e la conoscenza delle lingue straniere rendono il curriculum dei biotecnologi accattivante per le aziende, sottolinea la dott.ssa Rita Fucci, componente di Federchimica – Assobiotec, Associazione Nazionale per lo Sviluppo delle Biotecnologie, che rappresenta più di 130 imprese e parchi tecnologici e scientifici.
La vita professionale del biotecnologo non è circoscritta al laboratorio ma “è  dinamica, si trascorre moltissimo tempo all’estero, in viaggio. Bisogna essere pronti anche a questo”, conclude il prof. Marzocchella.
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