Innovazione, creatività e competenze per fare impresa

Un mix di cuore e passione, talenti ben coltivati, conoscenze e competenze. Imprenditore non si nasce, ma si diventa. Se poi si ha un occhio fine per il mercato, si può imparare a trasformare un prodotto in un’idea di business ben studiata, diventando fonte di ricchezza per il proprio territorio. È intitolata “Il mestiere di Fare Impresa” l’ultima pubblicazione di Michele Raffa, docente presso l’Università Suor Orsola Benincasa, che ha dato il titolo all’incontro in remoto tenutosi il 27 maggio. Tanti gli ospiti – universitari, rappresentanti del mondo aziendale e degli Enti locali -, ciascuno dal proprio punto di vista tecnico e culturale ha sviscerato il focus del testo di Raffa. A cura dell’incubatore certificato di startup innovative 012factory, ne modera la discussione il Co-Founder Enrico Vellante. In apertura, viene delineata una panoramica della capacità imprenditoriale del nostro Paese. Un’indagine di Unioncamere ha evidenziato che, negli ultimi dieci anni, la media delle imprese giovanili, nel novero delle imprese italiane iscritte alla Camera di Commercio, è calata del 22%. Uno studio precedente “evidenziava come la media di mortalità delle imprese giovanili arrivasse al 66% nei primi cinque anni, di cui almeno la metà nei primi due anni”, riferisce Mario Pagano, Responsabile Politiche Industriali CNA (Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa). “Mondo accademico e mondo dell’impresa spesso parlano due linguaggi diversi e fanno anche dell’autoreferenzialità. Occorre facilitare il passaggio di informazioni affinché questa relazione dia gambe al mondo imprenditoriale e permetta di recuperare il gap di competitività che il Paese ha rispetto ad altri”, aggiunge. L’Italia fa del tasso di imprenditorialità uno degli elementi qualificanti del suo tessuto economico. Proprio i giovani, quindi, dovrebbero ricevere un’educazione all’imprenditorialità già tra i banchi di scuola. Riceve l’imbeccata Armida Filippelli, Assessore regionale alla Formazione Professionale: “Stiamo per delineare una formazione rinnovata, all’altezza dei tempi e che offra competenze sempre più professionalizzanti. Il nostro compito è aiutare i giovani ad esprimere il loro talento, che c’è, e a raggiungere il fine ultimo che è l’occupabilità”. Per fare impresa non basta avere una buona idea di ricerca, bisogna saperla valorizzare e renderla adatta al mercato. Porta il punto di vista universitario il prof. Antonio Pescapè, Delegato all’Innovazione e alla Terza Missione dell’Università Federico II: “La Terza Missione fa parte di quelle attività volte a trasmettere alla società i risultati di ricerca e didattica e, proprio qui, l’imprenditorialità accademica riveste un ruolo centrale”. Per la prima volta, “partirà un corso di Ateneo sull’imprenditorialità rivolto ai dottorandi. La diffusione di questo tipo di cultura, anche qualora non dovesse portare alla nascita di spin-off accademici, insegnerà a relazionarsi con mondi e mestieri diversi dai nostri, il che permetterà di tirare le fila di una società che funzionerà meglio”. Pone, poi, come esempio la collaborazione tra grande industria e piccoli spin-off nella creazione dei vaccini: “Dobbiamo importare questo modello in Italia e al Sud. Non siamo secondi a nessuno per i nostri risultati di ricerca e, se li normalizziamo in funzione dei fondi che il Paese investe, siamo comparabili a Francia, Germania e Inghilterra. Dove siamo carenti è nella valorizzazione e nel trasferimento al mercato di questi risultati”. “Il libro supporta tanto le scuole quanto le università nell’adozione di processi educativi, visti in modo nettamente differente rispetto al passato – prosegue il prof. Mario Raffa, Ordinario di Ingegneria Economico-Gestionale alla Federico II e Direttivo Premio Nazionale per l’Innovazione – Se consideriamo gli obiettivi dell’Agenda 2030, vedremo che l’indicazione è proprio quella di rivedere il modo di fare education”. Ancora dal mondo universitario arriva l’esempio di Ennio Andrea Adinolfi e di MinervaS, spin-off dell’Università di Salerno che si occupa di ottimizzazione energetica in ambito automotive, portando a bordo veicolo un’intelligenza che permette di abbattere emissioni e consumi nell’ottica della sostenibilità. Una soluzione, questa, nata dai needs industriali più che dai libri. “Start Cup Campania e il Premio Nazionale per l’Innovazione ci hanno portato a contatto con gli esperti del settore. Ora stiamo imparando ad essere flessibili e a guardare il nostro prodotto dal punto di vista del cliente”. Innovazione non è solo scienza e tecnica, ma si realizza quando si riesce a raggiungere un connubio tra humanities e technicalities. È un tema sviscerato dalla prof.ssa Mariavaleria Del Tufo, Pro-Rettore dell’Università Suor Orsola Benincasa: “Il nostro Ateneo, che ha Dipartimenti di area umanistica, giuridica e della formazione, si sta impegnando da tempo ad inserire la cultura di impresa tra le competenze dei nostri studenti”. Aggiunge: “Quest’anno, con orgoglio, abbiamo accolto il prof. Michele Raffa che dirige un Laboratorio di imprenditorialità e startup nel nostro Corso di Economia Aziendale e Green Economy”. Per avere un ruolo da protagonista nel mondo del lavoro è necessario acquisire una serie di skills trasversali e multidisciplinari. Gli studenti hanno ormai ben chiaro questo punto. “Da laureanda, ho perplessità sul futuro – confessa Mariachiara Pollola, Consigliere Nazionale degli Studenti Universitari – Noi giovani abbiamo paura di cimentarci in qualcosa che appare nuovo e siamo in dubbio se rimanere sulla strada standard. Ma, laddove esplode la miccia dell’intuizione, si arriva a risultati grandiosi”. Le viene chiesto, poi, un commento sul raddoppio dei fondi europei per l’Erasmus+: “Dopo un anno di stallo, un’esperienza all’estero può aggiungere quella linfa vitale che si è persa”. Porta il suo esempio di “imprenditore culturale”, che deve investire sull’equilibrio tra cultura e numeri, Diego Guida, editore, Presidente nazionale Piccoli Editori e Vice-Presidente dell’Associazione Italiana Editori. “Il nostro Ateneo, come altri, si era impegnato nella valorizzazione dei risultati della ricerca in senso più scientifico, poi ha aperto gli orizzonti”, dice la prof.ssa Lucia Monaco, Delegata per la Terza Missione e la Promozione del Territorio dell’Università Vanvitelli. Ci sono tanti campi in cui c’è margine di sviluppo imprenditoriale: “prendiamo il settore dei beni culturali o quello turistico”. L’università può venire in aiuto: “penso ad esempio al farsi strada dei dottorati d’impresa che aiutano a dialogare con le aziende”. Le tecnologie “ci dicono come fare le cose. Cosa fare ce lo dicono le scienze umane”. Si pone come una summa conclusiva l’intervento di Michele Raffa, autore del testo: per creare un’impresa di successo, “spesso ancor più delle idee, perché nel mondo delle idee è sempre tutto entusiasmante”, occorrono le conoscenze. Nel mondo reale: “Un’impresa, soprattutto nella fase di startup, deve avere una sua unicità, unita a competenze e conoscenze che consentiranno di tramutare l’idea in progetto”.
 
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