La caldera dei Campi Flegrei sotto la lente di ingrandimento di un geologo dell’Università Vanvitelli

Ha suscitato grande interesse ed ha destato qualche preoccupazione, a maggio, la pubblicazione di una ricerca su Science relativa ai Campi Flegrei e condotta da Christopher Kilburn, Giuseppe De Natale e Stefano Carlino. Con qualche semplificazione, i media hanno ripreso lo studio ed hanno dato notizia che, sulla base dei dati raccolti dai tre ricercatori, la grande caldera potrebbe essere più vicina a un’eruzione di quanto finora pensato. Lo suggerirebbe un’analisi del comportamento sismico e bradisismico. In particolare, Carlino, De Natale e Kilburn hanno elaborato un modello che mostra che i sollevamenti del suolo avvenuti a partire dagli anni Cinquanta indicano un effetto di accumulo di sforzi in profondità, i quali rendono il vulcano più suscettibile di eruzione.
Ateneapoli ha chiesto un commento al prof. Dario Tedesco, vulcanologo dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”.
“Nessuna eruzione imminente”
Lo studio pubblicato giorni fa su Nature Communications ha evidenziato che negli ultimi anni il suolo dei Campi Flegrei si è sollevato di 45 centimetri, ad una velocità media di qualche millimetro al mese. È il segnale di una eruzione imminente?
“Diversi autori negli ultimi anni hanno sollevato il problema dei Campi Flegrei. Alcuni, vedi Chiodini ed altri, in più articoli hanno manifestato preoccupazione per le variazioni in composizione chimica e flusso di gas che stanno avvenendo all’interno della Solfatara di Pozzuoli. Al contrario, un recente lavoro (Moretti, De Natale ed altri) sembrava gettare acqua sul fuoco. Francamente non capisco…
 
L'articolo continua sul nuovo numero di Ateneapoli in edicola dal 2 giugno (n. 9/2017)
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