Storia di Francesco, studente fuorisede, costretto a lavorare fino a tarda notte per coronare il sogno di laurearsi

Tutti hanno il diritto di accedere allo studio universitario, e lo Stato aiuta gli studenti che versano in condizioni economiche precarie con appositi fondi, la cui gestione è delegata alle Aziende per il Diritto allo Studio Universitario delle singole regioni. In alcuni casi, tuttavia, tale gestione si rivela inefficiente, ed è il caso di Francesco, nome di fantasia, studente fuorisede che dalla Toscana si è spostato in Campania e studia alla Vanvitelli. Ci racconta la sua storia: “ho iniziato il mio percorso universitario in Toscana, studiando presso l’Ateneo della mia città ma, a causa del costo della vita e non essendo supportato economicamente dalla mia famiglia, ho dovuto abbandonare gli studi nel 2015. Per mantenermi agli studi e per pagare l’affitto lavoravo oltre quaranta ore settimanali, arrivando a volte anche a cinquanta. Nel settore della ristorazione, nel quale lavoravo e tutt’oggi lavoro, c’è molto riciclo e di conseguenza, per non essere sostituiti, è spesso necessario accondiscendere a ore di lavoro supplementare; di fatto avevo un contratto part-time, ma lavoravo full-time. Quando tornavo a casa studiavo, ma con il tempo questi ritmi si sono fatti insostenibili, motivo per cui, a malincuore, ho deciso di presentare la rinuncia agli studi. Il desiderio di laurearmi era però molto forte ed ero deciso anche a spostarmi. Misi al vaglio numerosi Atenei, ma, tra indirizzi che non mi interessavano e il costo della vita e degli affitti nelle città del Nord, ogni ricerca si faceva sempre più sconfortante. Accantonai quindi per un po’ l’idea e ripresi a lavorare a tempo pieno. Per varie contingenze, poi, mi trovai in quel di Santa Maria Capua Vetere, dove tramite amici venni a sapere della Vanvitelli. Era perfetto! Vicino a casa mia c’era il Dipartimento di Lettere e Beni Culturali, il quale aveva appena inaugurato un nuovo indirizzo (quello europeo) che rispondeva esattamente alle mie esigenze; inoltre era Dipartimento d’eccellenza e primo Dipartimento di Lettere e Beni Culturali del Mezzogiorno. Mi iscrissi”. 
L’impegno di Francesco è tale che, anche se iscrittosi nel secondo semestre, riesce a mettersi in pari con gli esami con un’ottima media: “cominciai subito a studiare, pur continuando a lavorare, e in breve mi misi in regola con gli esami e raggiunsi prima la media del ventotto, poi del ventinove, cioè la mia media attuale. L’unico esame che non sono riuscito a sostenere è Letteratura latina, ma da quel che ho capito è un topos, poiché moltissimi studenti lo affrontano nel corso dell’ultimo anno della Triennale, magari dopo aver frequentato i corsi propedeutici di Latino zero che il Dipartimento eroga. L’anno successivo, ovvero il mio secondo anno accademico, disponevo abbondantemente di tutti i requisiti per richiedere la borsa di studio erogata dall’Adisurc (l’Azienda per il Diritto allo Studio Universitario della Regione Campania), grazie ai fondi POR Campania forniti dall’Unione Europea. Inoltrai la domanda”. Da qui cominciano i primi problemi con l’Adisurc: “sin da subito iniziarono a verificarsi degli intoppi. Avevo commesso un errore nella compilazione della domanda, un nonnulla in realtà, un refuso nello scrivere il nome ma, poiché non potevo modificare quella sezione dal sito, decisi di chiamare l’Adisurc per assicurarmi che non mi valesse l’esclusione dal bando. Nel giro di tre giorni chiamai oltre settanta volte (letteralmente) e nessuno rispose. Inviai un’email, e dopo quattro giorni nessuno aveva ancora risposto. Quando finalmente riuscii a parlare con il centralinista dell’Adisurc di Caserta, mi disse che al telefono non avrei potuto parlare con nessuno dei responsabili perché, testualmente: ‘cheste cos s’hann a fà da vicino!’. Mi recai quindi in bici a Caserta e parlai con un responsabile il quale, in un secondo, mi liquidò dicendo che non c’era alcun problema per la domanda e che non era nemmeno necessario modificarla”. 
“Sette chilometri in bici per una conversazione di un minuto”
Sette chilometri in bici per una conversazione di un minuto al massimo. Tornai a casa turbato e per nulla rasserenato. Poi, due giorni prima della scadenza dei termini di inoltro della domanda, mi arrivò la risposta all’email che avevo inviato, in cui mi veniva detto che quel refuso poteva effettivamente rappresentare un problema e che avrei dovuto inoltrare una rettifica via mail, con una richiesta formale e la scannerizzazione di un documento di identità. Lo feci immediatamente, ma mi arrabbiai moltissimo. Alla fine non riuscivo neanche a lamentarmi perché, nonostante questa inefficienza, le persone avevano quell’atteggiamento bonario di chi non ha colpa e io non volevo essere scortese. Nel parlare con gli operatori dell’Adisurc, tuttavia, si ha sempre l’impressione di essere trattati con sufficienza ed è molto frustrante, perché forse per loro è solo lavoro, ma per noi studenti, specialmente per alcuni, si tratta di una questione di importanza vitale. La verità è che non c’è mai un responsabile vero e proprio col quale sia possibile interfacciarsi. Nell’attesa della borsa di studio continuai a lavorare e a studiare. Pago attualmente un affitto di trecento euro, anche perché non avrebbe senso spostarmi in una delle Case studenti, dato che si trovano tutte a molti chilometri dal mio Dipartimento e sarebbe difficile raggiungere le sedi universitarie, anche usufruendo del servizio navette di Ateneo. Insomma, anche se il costo della vita è inferiore rispetto alla mia città natale e non mi spaventino affatto la fatica e i sacrifici, non è facile affrontare tutte le spese e mantenere una media alta. Però vengono meno un sacco di cose, come il tempo e le finanze per coltivare gli interessi, che rappresentano un aspetto importante della vita di una persona”. Poi, a dicembre 2019, uscirono le graduatorie: “rimasi di sasso. Nonostante avessi un ottimo punteggio e la mia attestazione ISEE fosse a zero, il mio nome non compariva. Ero idoneo, ma non beneficiario. Secondo i miei calcoli avrei retto piuttosto bene fino a dicembre, poi avrei respirato un po’ grazie alla borsa di studio e avrei potuto lavorare meno, invece così non fu. Errore mio, comunque. Non sapevo che chi richiedeva la borsa di studio per anni successivi al primo passava automaticamente in secondo piano (cosa che comunque non trovo corretta!). Chiamai per chiedere almeno quando e se il contributo mi sarebbe stato erogato. Stessa storia della volta precedente”.
“A me il contributo serve per vivere qui, per non lavorare in modo coatto e mantenere una media alta” 
“Nessuno rispondeva al telefono e quando rispose il centralinista, stavolta dopo almeno un’ottantina di chiamate, mi disse che non potevo parlare con nessuno al telefono. Mi infuriai e pretesi di parlare con un responsabile, perché non avevo la benché minima intenzione di ritornare a Caserta per una conversazione che non avrebbe condotto a nulla. Il responsabile mi disse che non poteva rispondermi, perché non se ne occupava lui di queste cose. Chiesi allora con chi avessi potuto parlare, ma mi fu risposto che dovevo solo aspettare. Allora domandai quanto, e mi fu detto che non lo sapeva. Tutto dipendeva dai fondi: ‘ci sta anche che se finiscono i fondi tu non diventi beneficiario, ma se non finiscono sarai nella prossima graduatoria’. Circa la data o il mese in cui questa graduatoria sarebbe uscita, scena muta. Naturalmente, per mantenermi, ho continuato a lavorare più di quanto non facessi prima finché, inaspettatamente e senza alcun preavviso, un giorno di aprile ho scoperto il mio nome in graduatoria e il 17 aprile mi è arrivato il bonifico. Al momento ho ricevuto soltanto la prima rata e la seconda, plausibilmente, dovrei riceverla a dicembre. La mia situazione al momento è questa: ho appena iniziato il terzo anno di corso e mi dovrei laureare in luglio, entro settembre dovrei spostarmi a Bologna per la prosecuzione Magistrale dei miei studi. La mia domanda è: se la seconda rata della borsa di studio 2019/2020 mi arriva a dicembre e, presumibilmente e sperando, la prima rata di quella 2020/2021 mi arriva ad aprile 2021, la seconda rata arriverà a dicembre dello stesso anno, quando starò già studiando a Bologna da tre mesi? Nessuno risponde perché apparentemente nessuno sa, ma a me il contributo serve per vivere qui, per mantenermi qui, per non lavorare in modo coatto e mantenere una media alta, anche perché a Bologna i requisiti di accesso sono molto rigidi e il numero è chiuso. Devo puntare all’eccellenza. Io credo che ci siano diversi problemi da risolvere, inerenti la modalità di erogazione dei contributi e specialmente di gestione delle tempistiche”. Una situazione non facile per Francesco, che al momento sta “lavorando quattro giorni la settimana, anche fino a tarda notte. Bologna sarà costosa e io potrò contare sulle mie sole finanze. Adesso verso in condizioni economiche piuttosto precarie e ho dovuto allentare il ritmo di studio perché non ce la faccio, e temo che questo possa ripercuotersi sulla mia media. Vivendo da solo devo pensare a tutti gli aspetti della vita quotidiana: fare la spesa, pagare affitto e utenze, lavare, stirare, cucinare, pulire. Non è semplice gestire tutto con il timore, che a momenti sembra diventare una certezza, di non farcela. È frustrante. Inoltre il mio lavoro è saltuario e ci sono delle settimane in cui riesco a lavorare solo un giorno, specialmente dopo le restrizioni imposte a seguito dell’emergenza epidemiologica. Sicuramente non potrei sostenere economicamente un altro lockdown”. 
Perchè dev’essere tutto ‘un forse’?
E inoltre c’è il confronto con le Adisu delle altre regioni: “di recente ho parlato con quella dell’Emilia; mi hanno risposto immediatamente, neanche il tempo di tre squilli, e mi hanno informato su tutto, non ho avuto bisogno di fare alcuna domanda. Mi hanno detto persino il giorno del mese entro cui la borsa di studio viene erogata. Ma anche in Toscana ho conosciuto la stessa forma di efficienza, che poi secondo me è semplicemente aver cura del proprio ruolo all’interno di un’istituzione. La mia ulteriore domanda è: perché, se è possibile in Emilia, non può esserlo in Campania? Perché deve essere sempre tutto un ‘forse’? Io capisco che non sia semplice gestire l’incredibile flusso di richieste che pervengono alle varie sedi dell’Adisurc, ma a farne le spese non possono e non devono essere gli studenti. Credo che il sistema dovrebbe essere rivisto, perché se uno studente fuorisede deve affrontare tutte queste dinamiche, oltre a quelle con cui già di norma uno studente si deve interfacciare, vuol dire che c’è un problema”. Riguardo ai suoi progetti Francesco racconta: “non ho avuto affatto una vita semplice, ma sono sempre stato molto intraprendente ed eclettico. Tra le mie grandi passioni, sebbene non siano tutte, ci sono la natura, il camminare e lo scrivere. Il mio sogno, ed è probabile che resti tale, sarebbe quello di diventare uno scrittore acclamato, ma l’obiettivo che perseguo è in fondo quello di svolgere un lavoro che mi faccia guadagnare abbastanza e che mi lasci il tempo di dedicarmi alle mie tante passioni. Mi piacerebbe lavorare nell’editoria o scrivere per qualche rubrica importante, magari di viaggio; l’importante è muovermi, perché la mia vita è caratterizzata dal movimento, non potrei resistere in una situazione di stasi. Già adesso cerco di camminare almeno dieci chilometri al giorno, ma nel fine settimana, se non lavoro, riesco a batterne anche cinquanta, in montagna. La prossima primavera vorrei tornare in Toscana a piedi, lungo un percorso di 520 chilometri. Credo molto nella libertà e sono certo che il lavoro debba arricchire l’uomo e non subissarlo, perché la vita è un’esperienza unica e meravigliosa, che merita di essere vissuta nella sua interezza. I soldi, purtroppo, fanno parte di un sistema che l’uomo ha costituito, ma il mondo non è solo questo e io, nella vita, ho intenzione di prenderne la parte più bella (che, per inciso, è a costo zero)”.
 
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