Un giorno al ‘Cartastorie’, il museo narrato

Esperienza entusiasmante quella a cui hanno preso parte gli studenti della Magistrale in Storia dell’Arte che, il 24 maggio, hanno visitato il Cartastorie di Napoli. Guidati dal prof. Sergio Riolo, direttore del Museo e docente di Economia e gestione delle imprese culturali al Dipartimento di Lettere e Beni Culturali, gli studenti si sono immersi in una realtà unica, difficile da dimenticare e tutta da vivere. Ma che cos’è il Cartastorie? Semplice: è un museo unico nel suo genere. Proprietà della Fondazione Banco di Napoli, il Cartastorie è il Museo dell’Archivio Storico, appunto, della Fondazione. L’archivio conserva tutti i documenti dei banchi pubblici di Napoli e del Mezzogiorno (quindi la documentazione contabile) a partire dal 1573, ricoprendo un periodo di quattro secoli e mezzo di storia della città e del Sud Italia. “Il Cartastorie è un progetto museale nato tre anni fa da un vecchissimo archivio bancario storico, una roba noiosissima! – dice il prof.  Riolo – L’archivio, preesistente, si trova in via dei Tribunali da duecento anni e contiene carte la cui datazione parte da metà Cinquecento per arrivare ai giorni nostri. Tre anni fa la Fondazione Banco di Napoli ha deciso di musealizzare l’archivio, ed è qui che viene il bello: generalmente nei musei si vede qualcosa di esposto, nel Cartastorie, invece, non vi è esposto niente. Si è deciso di illustrare il contenuto dei documenti contabili usando lo strumento dello storytelling, ossia della narrazione. Ecco, questo è il Cartastorie in breve: un progetto museale basato sulla narrazione. Ma perché decidere di raccontare i documenti invece di esibirli? Perché si tratta di resoconti talmente particolareggiati e minuziosi che sembra quasi di vederne i colori e di sentirne i suoni; la fondazione ha quindi deciso di coinvolgere i visitatori raccontando le loro storie per mezzo di supporti multimediali”. 
Un po’ un luogo magico, insomma, dove la grafia elegante dei contabili rinascimentali e barocchi prende vita elevandosi sopra gli strati di polvere. Anche il gioco di parole dato dal connubio tra “carta” e “storie” rimanda chiaramente alla funzione di questo luogo, come conferma Riolo: “l’analogia con ‘cantastorie’ è chiaramente un richiamo allo scopo che ci siamo prefissati, ossia rendere fruibile il contenuto dell’archivio anche ad un’utenza di non specialisti; insomma, carta canta!”. 
Tra i documenti, tutti di inestimabile valore storico-artistico, ne spicca uno molto particolare, ossia…
 
L'articolo continua sul nuovo numero di Ateneapoli in edicola dal 31 maggio (n. 9/2019)
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