L’Orientale riparte con una app di tracciabilità per il monitoraggio degli studenti in sede

A L’Orientale ripartono le lezioni in sede. Dal 6 maggio l’Ateneo ha attivato un nuovo sistema di prenotazione per l’accesso ai corsi attraverso una app utile al rilevamento delle presenze in aula. “Il numero di posti disponibili è calibrato in base alla capienza degli spazi. Chi non riesce a prenotarsi in tempo continuerà a seguire a distanza”, dice Laura Esposito, studentessa di Mediazione Linguistica e Culturale. Questa app permette di verificare in tempo reale il numero di studenti prenotati per ciascun insegnamento tra quelli contemplati in modalità mista. All’entrata di ogni Palazzo il personale dell’Ateneo è incaricato di verificare che lo studente sia in possesso della dichiarazione per l’ingresso. “Una sorta di autocertificazione che funziona come lasciapassare e va consegnata subito dopo al docente in aula: una procedura macchinosa, ma che finalmente ci consente un simil ritorno alla normalità dell’epoca pre-Covid”.
“Chi tardi arriva, male alloggia”
Un periodo di prova a detta di alcuni che risulterà sperimentale in vista dell’inizio del prossimo anno accademico nel mese di ottobre. “Venti giorni di frequenza sono troppo pochi per testare i comportamenti degli studenti”, sottolinea Alessandro Petrone, nel cui parere si rispecchia l’altra fascia di studenti, dubbiosi in merito alla riapertura. L’app, infatti, funziona a dovere solo se utilizzata con criterio: “se lo studente dimentica di annullare una prenotazione che ha effettuato, il posto in aula resta vacante e purtuttavia bloccato, per cui nessuno può accedervi. In questi primi giorni, visto il boom di prenotazioni, su quattro corsi che avrei potuto seguire dal vivo, sono riuscito a prenotarmi una sola volta. È la storia di sempre: chi tardi arriva, male alloggia”, fa notare Alessandro. Una polemica che si è fatta sentire sin dal primo giorno di lezione, il 6 maggio, quando l’app è stata disattivata per diverse ore a causa dell’eccessivo numero di richieste. Vista la forma ridotta delle lezioni – dove il singolo docente, d’accordo con gli studenti, può decidere se optare per la modalità in presenza o proseguire in dad – molte sono state le lamentele. “Un terno al lotto. Il posto a sedere a lezione dovrebbe essere naturalmente garantito dal diritto allo studio. Già dalla prima ora di attivazione, invece, il sistema è andato in tilt e sembrava di essere a un’asta di Ebay. Siamo davvero dispiaciuti perché una bella novità, come questa app, presenta sin da subito degli evidenti limiti: non offre un servizio equo a tutti gli studenti e crea distinzioni per Corso di Laurea e per anno di corso”, prosegue Francesca Luccio, di Lingue e Culture Comparate. Si teme a livello generale una forte iniquità tra corsisti in presenza e frequentanti online. “Nella lezione di arabo, noi studenti collegati da casa abbiamo avuto difficoltà a seguire le spiegazioni di sintassi che la docente stava commentando in aula mostrando in diretta le frasi alla lavagna”, interviene Gerardo, iscritto a Lingue e Culture Orientali e Africane. Questo perché “non si può pensare di tenere la stessa lezione su canali diversi. Dovrebbero saperlo bene i nostri professori che per prima cosa, quando mettiamo piede all’Università, ci fanno studiare in Linguistica lo schema della comunicazione di Roman Jakobson. Le modalità della didattica a distanza sono molto diverse da quelle necessarie in loco”. Tuttavia, imprevisti di questo genere serviranno per migliorare: “dalle prossime lezioni di lingua – come Indonesiano e Hindi, ripartiti ufficialmente in presenza – i docenti ci hanno garantito che, per noi connessi da casa, prepareranno delle slide apposite, corrispondenti a ciò che simultaneamente spiegano alla lavagna o con il proiettore”. Per non fare distinzioni tra studenti, “dato che tutti paghiamo le tasse, chiediamo uno sforzo in più per far sì che la diretta streaming sia efficiente al 100% in modo da non veicolare disparità di trattamento”. Malgrado gli imprevisti inattesi, alcuni studenti ritengono che l’app di tracciabilità possa rivelarsi utile anche per le aule studio e i servizi offerti dagli uffici più frequentati, come la Segreteria e il Polo didattico. “Andrebbe pensata un’area apposita sull’app anche per le pratiche amministrative che per via telematica non sempre siamo riusciti a risolvere”, aggiunge Laura.
Oltre alla didattica in sede, bisognerebbe piano piano attrezzare tutte le altre attività che da remoto risulta più complesso gestire. “Gli uffici amministrativi sono ormai vuoti da 14 mesi: non possiamo ritirare un attestato, la pergamena di laurea, né risolvere per esempio una serie di intoppi che riscontriamo sulla pagina personale”, lamenta Alessandro. Quest’anno, per chi ha dovuto provvedere al cambio lingua, “è stato un incubo: come si sa, non è proprio immediato passare da un Corso di Laurea all’altro o modificare la prima o seconda lingua scelta nel proprio curriculum, perché il sistema informatico tende di default a sovrapporre la vecchia e la nuova carriera”.  “Sono tutti casi particolari, è vero, ma per nostra tranquillità vorremmo avere la libertà di riuscire a prenotarci in autonomia per un esame, dal pc di casa, senza dover ogni volta fare la spola tra Segreteria e Polo per accertarsi delle modifiche fatte sul piano di studio”, le parole di Martina Perillo, iscritta adesso a Lingue, Letterature e Culture dell’Europa e delle Americhe. Restano, quindi, le perplessità dovute a una trafila didattica da molti giudicata artificiosa. In effetti, un po’ di confusione ha cominciato a circolare in questa prima settimana di corsi, dal momento che “non riuscivamo a capire bene effettivamente quali corsi si tenessero in aula e quali solo su Teams, quando l’app ha smesso di funzionare. Abbiamo dovuto contattare i docenti singolarmente”, racconta ancora Martina. “Non si faceva prima a seguire da casa, dato che è solo per tre settimane?”, la critica di Giovanna Borriello, laureanda in Letterature e Culture Comparate. 
Nei racconti degli studenti emerge con chiarezza un dato: la voglia di tornare è tanta, ma la paura del contagio e l’assenza di certezze rendono difficile qualsiasi scelta. “Sappiamo che i docenti sono vaccinati e che tutti gli studenti rispetteranno le norme all’interno dell’Ateneo, ma non abbiamo la possibilità di prevedere cosa accade fuori dall’Università: se frequentano mezzi pubblici affollati, se sono a contatto con asintomatici, e così via. La didattica in presenza – così come è stato per la distribuzione dei modem e sim Internet – doveva essere una misura garantita ai soli studenti in difficoltà: chi non ha spazi domestici dove studiare o mezzi per seguire online”, il discorso di Federica De Falco. Lo scetticismo sembra ancora prevalere. “Abbiamo trovato l’Università come l’avevamo lasciata: le aule continuano a essere fatiscenti. Perché in un anno nulla è stato fatto per rimodernare le strutture?”, sono le conclusioni di un gruppo di studenti di Letteratura Tedesca. “Non chiediamo grandi investimenti, per carità: ma almeno una serratura del bagno che si riesca a chiudere. Anche la pulizia, che dovrebbe costituire in questo momento un servizio continuativo, a fine giornata di giovedì 6 lasciava a desiderare”. 
 
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