Laureati in Scienze Naturali studieranno l’avifauna del Parco del Vesuvio

È tra i parchi naturali più urbanizzati d’Italia. In alcuni tratti continua ad essere oggetto di sversamenti illeciti di rifiuti di varia natura ed ospita al suo interno discariche che furono realizzate ed autorizzate dallo Stato in vari periodi, l’ultima delle quali in ordine di tempo fu aperta una decina di anni fa a Terzigno, all’interno di Cava Sari. Ciononostante il Parco del Vesuvio offre squarci di incomparabile bellezza, terreni di pregio coltivati a vite, albicocche od ortaggi che garantiscono una produzione di qualità ed è uno straordinario attrattore di turisti. Il sentiero del Gran Cono nel 2019, l’ultimo dell’era pre Covid, è stato percorso da oltre 750mila persone. C’è poi un aspetto della riserva naturale che non molti conoscono: la biodiversità. Vegetale ed animale. Volpi, lepri, conigli sono alcuni dei mammiferi che vivono nel Parco naturale. Tanti insetti e non meno uccelli. Tra essi alcuni stanziali, altri che frequentano l’area solo in inverno o in estate. Parte ora un progetto in collaborazione tra il Dipartimento di Biologia ed il Parco nazionale del Vesuvio finalizzato al monitoraggio della fauna della riserva naturale, in particolare dell’avifauna. Durerà almeno un anno, ma potrebbe essere poi rinnovato per altri dodici mesi. Saranno impiegati sul campo naturalisti che siano in possesso della Laurea Magistrale nella classe delle lauree in Scienze della Natura o di un titolo equipollente. Ciascuno di essi accederà ad una borsa di studio di 3000 euro. Il bando relativo alle prime due borse, ognuna delle quali di quattro mesi, è stato pubblicato il 22 settembre. Il responsabile scientifico del progetto è il prof. Domenico Fulgione, docente di Zoologia ed evoluzione presso i Corsi di Laurea in Biologia e Scienze Naturali. “Il Parco del Vesuvio – dice – ci ha chiesto di sviluppare studi sul fenomeno della migrazione degli uccelli ed in generale sull’avifauna. Per i nostri laureati sarà una opportunità di accumulare esperienza, di conoscere il territorio e di guadagnare qualcosa. Ci sarà da lavorare perché bisognerà osservare, identificare e censire i nidificanti del periodo primaverile, gli svernanti, gli uccelli di passaggio che attraversano il Parco durante le migrazioni e, magari, restano lì uno o due giorni. Sul cratere passano per esempio cicogne, avvoltoi, gru”. Il progetto è cofinanziato dall’Università e dal Parco. “Non vorrei sbagliare – riferisce il docente – ma mi sembra che complessivamente siano disponibili circa 40 mila euro”. In prospettiva, “c’è la volontà di sviluppare ed intensificare i rapporti di collaborazione anche con altri Parchi. Per esempio con quello nazionale del Cilento in relazione ai cinghiali e ai lupi e con i Parchi regionali. La Campania ne ha molti”. Molti di essi, peraltro, non attraversano una fase particolarmente brillante sotto il profilo della gestione e dei progetti. Scontano, per esempio, la mancanza nelle piante organiche di naturalisti, geologi, zoologi, veterinari. Il personale è composto per lo più da laureati in Giurisprudenza, in Economia e da dipendenti distaccati da altri enti locali: Comuni, Regione, Comunità Montane. “Il problema – ammette il prof. Fulgione – esiste, è reale. Qualcosa, però, mi pare che stia cambiando in meglio. Ho sentito di un disegno di legge che prevede appunto che finalmente le piante organiche dei Parchi siano rafforzate con naturalisti e geologi. Dobbiamo tendere a questo perché se nessun laureato in Scienze naturali trova spazio in una regione come la Campania, dove ci sono due Parchi nazionali, nove regionali e varie aree marine protette, significa che qualcosa di sbagliato c’è nella previsione delle piante organiche”.
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