Gli studenti: “cosa ne sarà degli esami scritti di lingua previsti a giugno?”

Ormai è chiaro: “non torneremo in aula questo semestre”. Sono le parole di due studentesse di lingua russa iscritte al secondo anno di Mediazione Linguistica e Culturale. “Ci dispiace molto: avevamo appena conosciuto nuovi docenti e avremmo continuato il percorso con i lettori che seguiamo dall’anno scorso per prepararci agli esami di giugno”, dice Lucia Giordano. Anche se fosse stato possibile, “abbiamo paura di tornare in aula e preferiamo rimetterci piede quando sarà finito il lockdown. Sicuramente non avverrà a maggio: bisogna mettersi l’anima in pace. Forse dovremmo aspettare il nuovo semestre, a ottobre, per riprendere i vecchi e stressanti ritmi. Anche quelli, strano ma vero, ci mancano”. Senza perdersi d’animo, occorre avere pazienza: “ci rifaremo. Gli incontri e i ricevimenti online dimostrano che siamo in grado di tener duro e che la nostra Università ha gli strumenti per fronteggiare l’emergenza”, prosegue Carolina Pollio. Il timore non è più ormai quello di sprecare tempo: “abbiamo moltissimi impegni distribuiti lungo tutta la giornata: esercizi di gruppo, conversazione con i docenti, correzioni collettive… e immaginiamo che questa sarà la routine con cui dovremo andare avanti per rimanere al passo con le lezioni”. Resta, però, un dubbio tra gli studenti di tutti i Corsi: “Se, grazie alle esperienze positive registrate con gli esami e le sedute di laurea, abbiamo avuto modo di capire che in qualche modo una prova orale sia fattibile online, la domanda che tutti ci stiamo facendo è: cosa ne sarà degli esami scritti di lingua previsti a giugno?”. È in corso dalla metà di aprile, infatti, una discussione tra i docenti responsabili delle varie cattedre di lingua per stabilire una modalità univoca di valutazione per gli scritti. Gli studenti, tuttavia, nutrono parecchie perplessità su questo punto e chiedono maggiore chiarezza. 
Le proposte
“Non credo sia possibile incontrarci a giugno e sostenere lo scritto come abbiamo sempre fatto: ovvero, con cento-duecento persone sedute in un’aula dalle due alle quattro ore. Sarebbe assurdo essere rimasti a casa finora, se poi invece si dovesse scoprire che sono consentiti gli esami in piccoli gruppi”, parla Maria De Simone. Tuttavia, “se per le aziende sono state messe a punto alcune norme di sicurezza (mascherine, distanziamento, alternanza sul lavoro), potremmo prendere esempio da questa prassi organizzando un calendario di esami sul lungo periodo, come si sta facendo in altri paesi: massimo venti persone per aula, distribuiti in giorni diversi”. A questa proposta replica Lucia: “non saremo del tutto fuori pericolo nei prossimi mesi, neanche a settembre probabilmente, finché non si sarà trovato il modo di debellare il virus. Riprendere con gli esami in presenza comporterebbe il rischio di nuovi contagi: non credo sia una misura giusta per la salvaguardia della salute”. L’idea che la studentessa propone è, invece, quella di “spalmare su più mesi gli appelli per gli scritti, da settembre a dicembre. Sarebbe la prima volta nella storia dell’Ateneo, ma una circostanza straordinaria prevede che si adottino misure altrettanto inedite”. C’è chi, invece, mette in evidenza il problema legato al trasporto pubblico: “un’ordinanza regionale impedisce gli spostamenti tra un comune e l’altro e sarebbe ancora più complicato prendere mezzi pubblici. Fare soltanto gli esami orali, no?”, interviene Raffaella Riccio. Una faccenda su cui gli studenti non transigono: “avere una preparazione scritta rientra nell’ambito delle competenze che un Corso di Laurea in lingue straniere dovrebbe garantirci. Non siamo alla Pegaso: non possiamo fare un test a crocette perché ci convalidino un C1 di inglese. Lo scritto è da sempre un esame centrale nella nostra carriera, uno specchio per renderci conto di quanto ne sappiamo”. Altrettanto problematica risulta la questione per gli studenti iscritti al primo anno, che finora non hanno mai sostenuto uno scritto. “È importante che anche loro si abituino a questa modalità. Lo scritto non è un’opportunità accessoria, ma un diritto. E poi a distanza sarebbe davvero possibile comprendere un dettato in francese? Fare un tema in tedesco? O un’analisi morfologica in inglese? Abbiamo la necessità di vivere queste esperienze, se vogliamo imparare a parlare e insegnare la lingua che studiamo”, riprende Raffaella. Qualcuno non concorda, infatti, sulla possibilità di convertire gli scritti in esami orali. “Avremmo meno chance di essere valutati, aumenterebbero i bocciati e ci si troverebbe alla prossima sessione con lo stesso numero di esaminandi”, afferma Valeria Perrotta. Se per alcune lingue europee l’esame scritto potrebbe avvenire attraverso dei test online, “per giapponese, cinese, coreano o arabo – lingue con sistemi di scrittura diversi – è difficile immaginare una forma d’esame virtuale”. Inoltre, “con un test a tempo potremmo incontrare vari problemi: non tutti abbiamo un wi-fi a casa, molti si collegano grazie a una promozione dati con il cellulare e le piattaforme di e-learning non reggono troppi utenti”. 
Tirocini in remoto, la petizione
La soluzione migliore prospettata dagli studenti sarebbe che ogni docente si confrontasse con la propria classe sperimentando insieme un sistema di verifica e tentando nell’ambito di ciascun corso una simulazione ad hoc: “aiuterebbe a capire gli eventuali problemi che potrebbero sorgere nel corso di una prova ufficiale”, sottolinea Laura Sicignano. Quando si tornerà in aula, sarà necessario far luce su alcuni provvedimenti: “perché non tutti i lettori hanno tenuto le lezioni? In ogni classe virtuale che mi sia capitato di seguire, i docenti hanno tenuto a ribadire che la didattica online non è del tutto sostitutiva della normale lezione. Ebbene, non ho notizie del mio corso di Francese III dal mese di marzo: non credo che la teledidattica abbia garantito a tutti un sistema così efficiente da permettere una preparazione finalizzata allo scritto”. In molti casi, “non abbiamo neanche avuto modo di recuperare i testi di studio: non tutti possono permettersi di acquistare al momento tre libri e spendere cento euro su Amazon”. Nessuno sembra, in sostanza, intravedere una comune risoluzione del problema. “Le cose da gestire sono troppe”, esordisce Emanuela Battiloro. Che continua: “come funzionerebbe la vigilanza per un esame? Si ignora che la videosorveglianza da remoto sia possibile solo in case con una connessione super veloce. Oppure, come si fa a verbalizzare l’avvenuto svolgimento dell’esame? Quali tutele abbiamo? Per giunta, se l’esame fosse soltanto orale, verrebbe a cadere il discorso della propedeuticità. Vorremmo che la decisione sugli scritti sia presa di comune accordo, interpellando noi studenti, e non ci venga imposta per forza di cose”. I più preoccupati sono i laureandi del terzo anno: “mi mancano solo due esami e il tirocinio. Se rimandassero gli appelli a settembre, correrei il rischio di non potermi laureare entro dicembre e iscrivermi poi alla Magistrale per l’anno 2020-2021”, dice Domenico Guarracino. Al contrario, “per le Magistrali si potrebbe prendere esempio dalle Università straniere e assegnare agli studenti presentazioni e tesine su cui valutarli”. In ogni caso, entro la fine del mese saranno prese le decisioni per assicurare un sereno proseguimento dell’anno accademico. Per ora anche i tirocini restano in stallo. “È stato bloccato il sistema di iscrizione alla banca dati del SOS e ci hanno spiegato che non verranno prese in considerazione le richieste di studenti a cui mancano più di quattro esami alla laurea”, informa Domenico. Intanto, è partita una petizione a favore dei tirocini online lanciata dalla studentessa Laura Di Lorenzo, che ha già raccolto oltre trecento firme. “Non dimentichiamo che anche le attività pratiche sono propedeutiche per il conseguimento del titolo di laurea e garantirle rientra nell’ambito del diritto allo studio. È opportuno che vengano, perciò, adottate delle misure per gli stage senza procedere con ulteriori proroghe: rimandare una qualunque decisione vorrebbe dire far coincidere i tirocini con la sessione estiva e crearci nuove difficoltà. Non ne suggeriamo l’abolizione, ma come per le lezioni e gli esami chiediamo all’Università di attivare un canale di dialogo con i propri enti ed escogitare una strategia rapida”, conclude Domenico. 
 
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