I media arabi un decennio prima delle rivolte

Le rivolte arabe del 2011 non sono accadute all’improvviso. I sintomi di quella che sarà definita Primavera araba erano già visibili nel panorama mediatico.  “Sono stati i grandi giornali panarabi ad allargare la sfera pubblica e a veicolare le informazioni diventando lo specchio del movimento intellettuale insieme alle riviste culturali”, racconta agli studenti la giornalista francese Catherine Cornet in occasione dell’incontro del 20 maggio promosso dal corso di Storia contemporanea dei paesi arabi, tenuto dalla prof.ssa Daniela Pioppi. Un ulteriore fattore di libertà era costituito dalla presenza di giornali in lingua straniera, “una particolarità del Medio Oriente più che del Maghreb, poiché in paesi come Algeria, Tunisia e Marocco appare naturale leggere testate sia in francese che in arabo senza problemi per ragioni legate al colonialismo, mentre nel Medio Oriente lo sguardo estero assume un’importanza diversa”.  Il paesaggio mediatico “risultava piuttosto uniforme fino a quando nel 1996 l’apertura del canale televisivo Al-Jazeera non ha cambiato il monopolio della narrativa nel mondo arabo. In quanto canale totalmente panarabo, giornalisti per ogni paese riportavano notizie locali a livello satellitare. Adesso, purtroppo, anche i canali televisivi seguono le logiche dei paesi in guerra”. Poi Cornet si è concentrata “sui due paesi in cui le Rivoluzioni arabe sono riuscite e che non sono in guerra totale oggi: Egitto e Tunisia”.
 Il fenomeno dei blogger in Egitto
“Già nel 2003, in Egitto alcuni uomini d’affari finanziano dei giornali, che cambiano immediatamente il tono dell’informazione con inchieste svolte da giornalisti più indipendenti. Nel 2004, inoltre, si verifica l’esplosione dell’uso di Internet, soprattutto con il fenomeno dei blogger. In più, per le donne il blogging è molto importante, perché entra in rete l’intimità femminista con temi complicati, come il matrimonio o la violenza sessuale, e la presa di coscienza della voce femminile si vedrà ancora di più durante la Rivoluzione”. 
È molto interessante constatare che “i blogger egiziani non venivano da studi umanistici, ma erano ingegneri. Non è un caso, perché loro…
 
Articolo pubblicato sul nuovo numero di Ateneapoli in edicola (n. 9/2015)
o in versione digitale all'indirizzo: https://www.ateneapoli.it/archivio-giornale/ateneapoli
 
- Advertisement -




Articoli Correlati