Sclerosi multipla e patologie cardiovascolari: uno studio internazionale

I malati di sclerosi multipla hanno un maggiore rischio, rispetto al resto della popolazione, di incorrere in gravi patologie cardiovascolari. Era finora solo una ipotesi. Adesso è una certezza grazie ad uno studio che è stato condotto da 4 ricercatori, uno dei quali è napoletano e lavora attualmente alla Federico II. Si chiama Raffaele Palladino, ha 36 anni ed è ricercatore presso il Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Ateneo federiciano. Con Ann Marrie Ruth, Majeed Azeem e Jeremy Chataway è l’autore dell’articolo che dà conto dei risultati della ricerca e che è stato pubblicato su Jama Neurology, rivista scientifica internazionale molto qualificata. Una squadra internazionale per una indagine che ha coinvolto la Federico II, l’Imperial College, l’Università di Manitoba e l’University College of London.
Come è nata e come si è svolta la ricerca?
“Lo studio mirava a valutare se il rischio cardiovascolare in pazienti con sclerosi multipla, una patologia a carattere infiammatorio, sia maggiore che nel resto della popolazione. Negli ultimi anni più volte era stata avanzata questa ipotesi, ma non era stata mai suffragata da dati. Noi abbiamo fatto riferimento al database che contiene i dati sanitari di una popolazione rappresentativa dell’Inghilterra. Al suo interno abbiamo selezionato i pazienti con sclerosi multipla ed una popolazione di controllo, costituita da persone che non erano affette da questa patologia. Abbiamo seguito i nostri campioni di riferimento nel tempo per vedere se accidenti cardiovascolari come ictus e malattia coronarica e mortalità cardiovascolare fossero diversi”.
Complessivamente quanto numerosa era la popolazione che avete seguito?
“Il campione complessivo era di circa 80.000 persone, delle quali 12.251 erano quelle affette da sclerosi multipla”.
Quale il periodo di riferimento che avete considerato?
“Il periodo di osservazione spaziava tra il primo gennaio 1987 ed il 30 settembre 2018”.
Che cosa è emerso dalla vostra indagine?
“Abbiamo appurato che le persone affette da sclerosi multipla hanno un rischio di mortalità per accidenti cardiovascolari tre volte e mezzo superiore rispetto al resto della popolazione. Il rischio di incidenza di un evento macrovascolare in coloro i quali hanno la sclerosi multipla è una volta e mezzo superiore rispetto a quello che si riscontra nel resto della popolazione esaminata nel nostro studio. Abbiamo anche evidenziato una differenza di genere, perché nell’ambito della popolazione affetta da sclerosi multipla il rischio nelle donne è più alto che nei maschi”.
Dal punto di vista clinico quali potrebbero essere le ricadute del vostro studio?
“Certamente potranno essere utili ad una diversa gestione del paziente affetto da sclerosi multipla. Proprio alla Federico II abbiamo un importante centro per la sclerosi multipla che accoglie ogni anno tanti pazienti”.
Come è nata la collaborazione con i suoi colleghi degli atenei inglesi e canadesi?
“Io ho trascorso in Inghilterra, all’Imperial College, un periodo di formazione e di ricerca. Sono partito nel 2013 e sono rimasto a Londra fino a dicembre 2018. È stata una esperienza formativa ed illuminante durante la quale ho stabilito contatti e relazioni scientifiche che ho mantenuto anche dopo che sono rientrato in Italia”.
Cosa l’ha convinta a lasciare Londra per tornare a Napoli?
“La possibilità di continuare a lavorare sui filoni che avevo già avviato all’Imperial College, la garanzia della libertà di ricerca e forse anche un po’ la voglia di restituire qualcosa al territorio e all’Ateneo nel quale mi sono formato ed al quale sono naturalmente molto legato. D’altronde, la Federico II è una Università di prestigio ed è molto apprezzata anche a livello internazionale”.
Quali differenze ha riscontrato tra l’ambiente accademico nel quale ha lavorato in Inghilterra e quello napoletano?
“Il rigore nella ricerca è simile. Ci sono differenze nei rapporti interpersonali. Ho dovuto riabituarmi qui a Napoli a non comunicare esclusivamente tramite e-mail. Alla Federico II a volte si preferisce una telefonata o lo scambio di una parola con un collega. In ambiente anglosassone si preferisce scambiarsi una mail anche tra colleghi che lavorano in stanze vicine l’una all’altra”.
La sua esperienza londinese come è stata?
“Mi sono trovato benissimo. È una città molto dinamica, che offre tanto. Chiede molto, ma non è spietata come New York, che pure conosco bene. Peraltro in Inghilterra, proprio come accade qui a Napoli, trascorrevo gran parte delle giornate a lavorare. Non è che avessi molto tempo da dedicare ad altro”.
Alla luce della sua esperienza, cosa consiglia ad un giovane che intraprenda oggi il percorso della ricerca in Medicina?
“Bisogna essere dinamici, pronti alle sfide ed è importante che si conoscano più realtà, specie nella prima parte del proprio percorso formativo. Ogni realtà può offrire qualcosa. Anche per coloro che si sentono protetti e soddisfatti nel proprio ambiente di ricerca confrontarsi con una esperienza diversa in un altro posto può essere decisivo. Anche per questo scelsi di partire per Londra”.
Quali progetti sta seguendo in questo periodo?
“Sto lavorando con i colleghi al seguito dello studio, andando a valutare altri fattori di rischio che possono incidere sul paziente con sclerosi multipla. Stiamo inoltre valutando un algoritmo che identifichi e segua i pazienti con sclerosi multipla attraverso i dati sanitari raccolti. Potrebbe essere utilizzato anche per altre tipologie di pazienti, per esempio i dializzati”.
 
Scarica gratis il nuovo numero di Ateneapoli su www.ateneapoli.it
- Advertisement -




Articoli Correlati