Dal lavoro nelle carceri al sostegno delle famiglie, all’arte come strumento di comunicazione

Minori a rischio, carceri, adolescenti. I tre ambiti nel quale si muove  “Interventi psicopedagogici nei contesti sociali”, insegnamento tenuto dal prof. Massimo Di Roberto e diretto agli studenti delle Magistrali in Programmazione, amministrazione e gestione delle politiche e dei servizi sociali e in Pedagogia e formazione continua: scuola, comunità, territorio. Il corso, che si è appena concluso, si basa su lezioni frontali e una parte  esperienziale – simulazioni e anche incontri con educatori professionali. “Interveniamo nelle relazioni sociali, non come psicologi ma come educatori”, spiega il docente. Gli interventi sono multifattoriali, prevedono una corposa equipe: tra psicologi, dottori, assistenti sociali, avvocati. Quelli  psicopedagogici all’interno delle istituzioni penitenziarie sono “finanziati dal Ministero della Giustizia. Il carcere non è solo, come si pensa, un luogo di punizione ma anche rieducativo”, sottolinea il docente forte di una esperienza diretta: “quando ho lavorato in questi ambienti mi sono trovato davanti persone per lo più recidive, che quindi non avevano accettato la sfida del cambiamento, ma erano rimaste bloccate sulle proprie idee perché incapaci di immaginare realtà diverse dalla propria. Bisogna prendersi cura della parte buona che vive in queste persone per potenziarla, o per farla uscire fuori”.  Quindi “nelle carceri sono programmati laboratori ad esempio di falegnameria, di pasticceria” ma “non basta…
 
L'articolo continua sul nuovo numero di Ateneapoli in edicola dal 23 novembre (n. 17/2018)
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