Ivana Succoia, la lottatrice del CUS

Ha la sua atleta in rosa la rappresentativa di Lotta del Centro Universitario Sportivo (CUS) di Napoli. È Ivana Succoia che partirà alla volta di Modena per i prossimi Campionati Nazionali Universitari (CNU) insieme ad altri sei colleghi maschi. 20 anni e un’attività sportiva coltivata da piccola: “ho iniziato con la Lotta sette anni fa. È una passione di famiglia ereditata da mio zio e da mio fratello”. Gli esordi non sono stati dei migliori, ma hanno rappresentato l’inizio di un percorso in continuo crescendo che l’ha portata a varcare spesso i confini dell’Italia: “agli inizi ero una schiappa. Al mio primo campionato italiano arrivai settima su otto partecipanti. Mi alleno a Poggioreale presso la struttura dei Vigili del Fuoco. Con il mio team mi sono spostata molto all’estero – ad esempio l’Austria e la Romania – per dei ritiri. Col tempo sono migliorata, arrivando terza ai Campionati assoluti del 2013, prima nei due anni successivi e seconda nel 2016”. Una medaglia d’argento, invece, è stata conquistata l’anno scorso in occasione dei suoi primi CNU. Per la nuova edizione, che partirà l’11 giugno, sa già a cosa va incontro: “saranno giorni di competizione che non riguarderanno soltanto la lotta, ma anche altre discipline. Si crea un clima talmente amichevole che si finisce a interessarsi di sport dei quali prima di quel momento non si conosceva nemmeno l’esistenza”. Conosce bene, invece, la Lotta, che per lei: “ha due aspetti fondamentali. Innanzitutto la mente, perché la potenza da sola non basta per vincere gli incontri. Troppa esuberanza non aiuta a valutare bene la situazione e a gestire un punteggio. Allo stesso modo serve cuore, perché lo sport richiede molto sacrificio, sia per sopportare gli sforzi fisici, sia per conciliare l’allenamento con lo studio”, distribuendo al meglio il tempo tra palestra e aula. Oltre a essere lottatrice, infatti, Ivana è una studentessa iscritta al secondo anno di Scienze dell’educazione all’Università Suor Orsola Benincasa. Perché questi studi? “Non è stata una scelta influenzata dalla lotta. Mi sono avvicinata al Corso perché mi affascina l’ambiente carcerario e mi piacerebbe approfondire gli studi di criminologia, magari diventando educatrice penitenziaria”. Tra gli esami che le sono piaciuti di più cita:
“Pedagogia della devianza e della marginalità e Antropologia culturale. Il primo mi ha dato un approccio nuovo alla diversità, grazie anche a esperienze dirette vissute attraverso percorsi laboratoriali. Il secondo, invece, mi ha fatto guardare da un’altra prospettiva l’alimentazione, perché era incentrato sulla dieta Mediterranea e sul valore simbolico del cibo”. Dividersi tra le sue due attività non è semplice: “devi sempre trascurare qualcosa. Il mio sacrificio principale riguarda le amicizie che non posso coltivare fino in fondo”. Alla studentessa la lotta “ha dato temperanza. Riesco a vivere determinate situazioni mostrando una calma che probabilmente non avrei avuto senza lo sport”. Al contrario, l’esperienza universitaria ha aiutato la lottatrice a correggere alcuni difetti caratteriali: “ha cambiato il mio modo di relazionarmi agli avversari. Prima dell’università c’era sempre molta cattiveria agonistica, invece adesso riesco a separare molto meglio il tappeto, ovvero la competizione, dalle relazioni interpersonali”. Senza mai perdere di vista l’obiettivo. Per i prossimi CNU il traguardo si chiama: “oro”.
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